preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Gesù, annunciando il suo insegnamento nella sua città, suscita contraddizioni; alcuni si stupiscono della sua sapienza, altri la rifiutano. Il suo ministero in Galilea, con questo insegnamento di sabato nella sinagoga, subisce un fallimento totale. Non per nulla nella finale del racconto, evangelista Marco annota che Gesù "si meravigliava della loro incredulità". Ora qual'è il motivo di questa chiusura nei suoi riguardi? La si intuisce molto bene dalle reazioni riferite dall'evangelista. "Donde gli vengono queste cose? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo?". Come può insegnare tutto questo? Cosa presume di essere? E' nato da povera gente, niente formazione particolare da un grande rabbì, ha imparato un mestiere nella bottega artigianale di Giuseppe. Tutti l'hanno visto crescere. La conoscenza diretta del suo ambiente familiare impedisce loro di riconoscere in lui un inviato di Dio. Egli rimane sempre per loro soltanto "il falegname". A tutto questo fa eco la famosa dichiarazione di Natanaele: "Da Nàzaret può mai venire qualcosa di buono?" Anche se gli stessi nazaretani mostrano stupore per la sapienza che esce dalla sua bocca. La situazione poi precipita, quando Gesù notando questo forte rifiuto nei suoi confronti, solennemente afferma: "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, fra i suoi". Gesù non fa nulla per accattivarsi la loro simpatia. E' troppo importante la scelta di Dio per farne una merce di scambio al fine di ottenere popolarità e consenso. Vale sempre l'agire del Signore: "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti". Gesù si mette davanti ad ogni uomo con la sua debolezza e con la sua proposta di salvezza: tocca ad ognuno decidere se accoglierlo o rifiutarlo. A noi la scelta.
E abba ha detto: Saper parlare è un dono di molti. Saper tacere una saggezza di pochi. Saper ascoltare una generosità di pochissimi.
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Ma interroghiamo con il salmista il Signore chiedendogli: «Signore, chi abiterà nella tua tenda, chi dimorerà sul tuo santo monte?» (Sal 14,1). Dopo tale domanda, fratelli, ascoltiamo il Signore che ci risponde mentre ci indica la strada per arrivare alla stessa tenda, dicendo: «Colui che cammina senza colpa e agisce con giustizia; che pronunzia la verità nel suo cuore, che non dice calunnia con la lingua; che non fa danno al suo prossimo, che non lancia insulto al suo vicino (Sal 14,2-3); colui che, respingendo dagli occhi del proprio cuore, insieme con le sue suggestioni il maligno diavolo che lo tentava, lo riduce al nulla (Sal 14,4 Volg.) e i suggerimenti di lui, appena nati, li afferra e li spezza contro Cristo; coloro che, pieni del timore del Signore (Sal 14,4 Volg.), non si insuperbiscono per la loro buona osservanza, ma, convinti che le loro buone azioni non provengono da se stessi quanto piuttosto da Dio, glorificano il Signore che opera in loro, dicendogli col profeta: «Non a noi, Signore, non a noi ma al tuo nome da' gloria» (Sal 113B,1). Così pure l'apostolo Paolo non si attribuiva alcun merito della sua predicazione, affermando: «Per grazia di Dio sono quello che sono» (1 Cor 15,10); e ancora: «Chi si vanta, si vanti nel Signore» (2 Cor 10,17). Per questo anche il Signore proclama nell'Evangelo: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia: strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa non cadde perché era fondata sopra la roccia» (Mt 7,24-25).
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