preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
L'episodio dei Discepoli di Emmaus è molto significativo. Vi è la presenza di Gesù Risorto che appare a due discepoli sconsolati ed afflitti nella sera della Pasqua. Si avvicina a loro, percorre la loro strada di sfiducia, cena con loro ed è riconosciuto nel gesto dello spezzare il pane. Qui succede qualcosa di imprevisto che cambia la storia di questi due discepoli e probabilmente anche la storia dei discepoli che erano a Gerusalemme. Generalmente siamo portati ad identificarci con i discepoli che hanno incontrato il Signore; vogliamo leggere la nostra storia in parallelo con la loro e scoprire la novità di vita dell'incontro con Gesù. Incontro nella vita, ma soprattutto nella Chiesa e nelle celebrazioni eucaristiche. È la storia della Chiesa che vi leggiamo, è Gesù che annuncia la Parola e spezza il pane. Guardiamo però anche alla comunità che sta a Gerusalemme e che aveva avuto l'annuncio di salvezza tramite Simòn Pietro, ma che era ancora incredula. L'arrivo di questi due discepoli cambia anche la loro storia; vi saranno altre apparizioni di Gesù ma è importante quello che riferiscono ora i discepoli. Il loro annuncio non è sulla loro storia. A livello della comunità il loro incontro con il Gesù Risorto si confronta con l'incontro con la vicenda di Simòn Pietro, testimone della tomba vuota. I discepoli di Emmaus danno testimonianza della sua parola. La fede personale ha un valore immenso per la nostra vita ma ci deve essere sempre il confronto con la fede della Chiesa per poterne verificare l'autenticità.
L'abba Antonio predisse all'abba Amun: «Tu farai molti progressi nel timore di Dio». Poi lo condusse fuori dalla cella e gli mostrò una pietra: «Mettiti a ingiuriare questa pietra», gli disse, «e colpiscila senza smettere». Quando Amun ebbe terminato, sant'Antonio domandò se la pietra gli avesse risposto qualcosa. «No», disse Amun. «Ebbene! anche tu», aggiunse l'anziano, «devi raggiungere questa perfezione».
SE I MONACI POSSONO AVERE ALCUNCHÉ DI PROPRIO Nel monastero bisogna estirpare fin dalle radici soprattutto questo vizio: che nessuno ardisca dare o ricevere qualcosa senza il permesso dell'abate; né avere alcunché di proprio, nulla nel modo più assoluto: né libro, né tavolette, né stilo, proprio niente insomma; dal momento che ai monaci non è lecito disporre nemmeno del proprio corpo e della propria volontà. Tutto il necessario invece lo devono sperare dal padre del monastero; e non sia lecito avere alcuna cosa che l'abate non abbia data o permessa. Tutto sia comune a tutti - come sta scritto - e nessuno dica o ritenga qualcosa come sua proprietà (At 4,32). E se si scoprirà un fratello che asseconda questo pessimo vizio sia ripreso una prima e una seconda volta; se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.
home | commento | letture | santi | servizi | archivio | ricerca | F.A.Q. | mappa del sito | indice santi | preghiere | newsletter | PDA | WAP | info