preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Gesù scandisce di nuovo per tutti noi l'essenza della legge nuova e la via sicura per accedere al suo Regno. Dobbiamo porre Dio al primo posto e amarlo con tutte le nostre forze, dobbiamo riconoscerlo come nostro Padre e Padre di tutti. Con questa fede e con questo amore possiamo intraprendere un viaggio di discesa dalle nostre sicurezze e dal nostro egoismo verso il prossimo, che attende amore e soccorso. Scendere da Gerusalemme, immettersi nel cammino del povero, è un sacrosanto dovere per ogni credente; significa concretamente tradurre in opere caritative la nostra fede, se non vogliamo che rimanga sterile; significa caricarsi sulle nostre spalle l'altrui sofferenza ed essere pronti a pagare di persona. Non possiamo perciò bearci del nostro benessere, rinchiuderci entro le mura della nostra Gerusalemme, illudendoci di una religiosità personale, intimistica e protetta. È ricorrente la tentazione, dinanzi al malcapitato che bussa alle porte del nostro cuore o della nostra casa o incontriamo sulla nostra strada, di passare oltre e lasciare ad altri l'incarico di prestargli aiuto. Dobbiamo fare un'attenta verifica dei percorsi della nostra fede e della nostra religiosità fino a domandarci se per caso le nostre chiese non diventino talvolta le tane dove nascondiamo il nostro egoismo per paura di macchiarci delle altrui impurità.
Un anziano diceva: «Non far mai nulla senza pregare e non avrai rimpianti».
I FRATELLI INFERMI Per gli infermi ci sia un locale a parte destinato a tale scopo e un fratello infermiere pieno di timor di Dio, diligente e premuroso. L'uso dei bagni agli infermi si conceda ogni volta che è necessario; ai sani invece, specialmente ai più giovani, si permetta più di rado. Ai fratelli molto malati e ai più deboli si conceda anche di mangiare carne per rimettersi in forze; ma appena si siano ristabiliti, tutti si astengano dalle carni, come di consueto. Quindi l'abate abbia sommamente a cuore che gli infermi non siano trascurati dal cellerario o dagli assistenti; è responsabile lui di ogni mancanza dei discepoli.
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