preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Nel Vangelo di Luca, con il capitolo nono, si sta per entrare nella fase determinante della missione di Gesù. Egli sta per intraprendere il viaggio verso Gerusalemme con il quale si compierà il suo Mistero Pasquale. In un momento decisivo della sua missione, Gesù cambia registro. Comincia a formare un gruppo di persone; vuole formare una vera comunità, composta da quei Dodici che Egli stesso aveva prescelto tra i discepoli perché potessero assumere delle responsabilità specifiche. Sono gli apostoli ai quali Gesù chiede, come percorso formativo, delle rinunce precise che sono in realtà la necessità di un cambiamento di vita. Le istruzioni che Gesù dona loro non trattèggiano un ideale irraggiungibile e non si presentano come un qualcosa di indefinito e di teorico, che non può essere realizzato per i limiti umani. Dietro queste istruzioni leggiamo proprio il vero modello ispiratore. Gesù tratteggia, con le prescrizioni che leggiamo nel Vangelo di oggi, il suo Volto. La chiamata al discepolato ora impegna realmente i Dodici; non possono seguire più Gesù senza cambiare interiormente e cambiare la propria vita. Gesù sta preparando la sua Chiesa e, fin dal principio, vuol mettere in evidenza che Egli ne è la vera origine e la vera fonte ispiratrice. La Chiesa, chiamata a proseguire e diffondere l'opera salvifica del Mistero Pasquale, può realizzare questo, solo ispirandosi, in ogni suo atteggiamento a Gesù stesso. La Chiesa, nei suoi diversi ruoli e con le specifiche responsabilità, è chiamata a proseguire il messaggio di salvezza e l'annuncio che Gesù aveva reso visibile sulla terra con la sua predicazione. Le istruzioni apostoliche non sono semplicemente una esigenza morale per il saper condividere, nel tessuto sociale, i beni terreni che abbiamo a disposizione ma rappresentano proprio l'anelito di ogni cristiano di sentirsi come membri veri e vivi della chiesa di Cristo. Con il Vangelo della missione apostolica siamo, oggi invitati a riflettere sulla nostra vera appartenenza alla Chiesa, sperando che non si limiti alla frequentazione domenicale del precetto eucaristico ma sia vita, vita quotidiana, vita di testimonianza, dalle piccole cose ordinarie alle grandi testimonianze della vita.
L'abate Giovanni ha detto: «Questa parola è scritta nel Vangelo: "Quando Gesù chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro, le sue mani e i suoi piedi erano legati e il suo viso cinto da un lino; Gesù lo sciolse e lo congedò. Noi dunque abbiamo le mani e i piedi legati e il nostro viso è stato coperto con un lino dalle mani del nemico? Se dunque ascoltiamo Gesù, Egli ci slegherà da tutto questo e ci libererà dalla schiavitù di tutti questi cattivi pensieri. Saremo allora figli del Signore, riceveremo le promesse in eredità e saremo figli del Regno Eterno».
SE I FRATELLI USCITI DAL MONASTERO DEVONO ESSERE ACCETTATI DI NUOVO Se un fratello, che per propria colpa ha lasciato il (o è stato espulso dal) monastero, vorrà rientrare, prima prometta di emendarsi totalmente del difetto per cui è uscito; e allora sia accettato, ma all'ultimo posto per provare così la sua umiltà. Se poi uscirà di nuovo, potrà essere riammesso alle stesse condizioni fino alla terza volta; ma sappia che in seguito gli sarà negata ogni possibilità di ritorno.
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