preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
In entrambe le letture di oggi ci troviamo in situazioni e/o argomenti che riguardano il culto. La celebrazione della Pasqua prevede una ritualità che ha richiami ancestrali e modalità legate alla pastorizia nòmade. L’autore sacro costruisce un rito basandosi sulla quotidianità. Il passo oggi proposto, considerato in tale ottica, dovrebbe farci riflettere sul nostro modo di accostarci alla liturgia. Se anche le celebrazioni più solenni non hanno un rapporto vivo con la realtà, diventano monumentali apparati teatrali. La liturgia nasce dalla fede vissuta e si traduce in lode a Dio. Così facendo si sarà capaci non solo di “assolvere il precetto” (che brutto termine, perché non ne proponete un altro? Siamo qui che aspettiamo suggerimenti!), ma di vivere “il mistero che celebriamo”. Il “precetto” quindi è liberazione, è gioia, ma è anche il portare la sofferenza che ognuno potrebbe vivere in un momento particolare e condividerla nell’unione della preghiera con gli altri. Il Vangelo ci ìndica la via per passare dal ritualismo sterile alla scoperta di Dio che ci ama e ci vuole liberi. Anzi, le cose, fossero anche le più sante (“Non avete letto quello che fece Davide...”), non devono mai soggiogare l’uomo. Avere il senso del sacro vuol dire rispetto dell’uomo e fattivamente questo si ha, come è in Gesù, combattendo per affrancarlo da tutte le situazioni che, invece di liberare, creano nuove angosce e nuove schiavitù.
Un fratello chiese ad abba Arsenio di dirgli una parola. E l'anziano gli disse: "Lotta con tutte le tue forze perché il lavoro che fai dentro di te sia secondo Dio e così vincerai le passioni di fuori"
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE L'abate ricordi sempre ciò che è, ricordi come viene chiamato e sappia che a chi è stato affidato molto sarà richiesto molto di più (cf. Lc 12,48). Si renda conto di quanto sia difficile e arduo l'incarico che si è assunto, quello di guidare le anime e di mettersi al servizio della diversa indole di molti, dovendo trattare uno con la dolcezza, un altro con i rimproveri, un altro ancora con la persuasione; e, secondo il temperamento e il grado di intelligenza di ciascuno, egli si adatti e conformi a tutti, in modo che non solo non abbia a subire perdite nel gregge a lui affidato, ma anzi possa rallegrarsi dell'incremento del buon gregge.
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