preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
La Liturgia della parola di oggi è anzitutto un inno di ringraziamento a Dio per il dono della sapienza, che ci fa godere delle opere del Signore e ci aiuta a dare il giusto valore agli avvenimenti e alle cose che ci circondano. Nella pericope evangelica viene chiesto a Gesù da parte dei sommi sacerdoti, degli scribi e degli anziani: "Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l'autorità di farle?" Che cosa faceva Gesù? - scacciava i venditori dal tempio - insegnava con autorità una dottrina nuova che non coincideva con gli schemi giudaici. Gesù non risponde alla domanda ma a sua volta intèrroga i suoi interlocutori per mettere alla prova la loro sincerità. Una loro risposta vera avrebbe ottenuto quella di Gesù. Domanda: "Il battesimo di Giovanni veniva da Dio o dagli uomini?..." I suoi interlocutori non sanno dare una risposta perché non vogliono compromettersi. E rispondono: Non lo sappiamo. E Gesù: "Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose." Ogni pagina del vangelo offre preziosi insegnamenti per la nostra vita perché il vangelo è vita. Quante volte forse anche noi cadiamo nella insincerità perché abbiamo paura di perdere la stima o la fiducia di qualcuno! Ci doni il Signore lo spirito di verità che ci fa esprimere i nostri giudizi nella piena libertà senza ingannare noi stessi né adulare altri per salvaguardare interessi personali. Possedere il dono della sapienza, di cui nella prima lettura, significa appunto agire con verità nella carità, nel rispetto di noi stessi e degli altri.
Un fratello domando all'anziano: "Come entra nell'anima il timore di Dio?". Disse l'anziano: "se l'uomo è umile, povero, e se non giudica gli altri, il timore di Dio entra in lui".
I MONACI PELLEGRINI Inoltre se l'abate lo giudica degno, potrà assegnargli un posto più elevato. E questo non valga solo per un monaco, ma anche per uno che provenga dai sopraddetti gradi dei sacerdoti e dei chierici: cioè, se l'abate vede che la loro condotta lo merita, potrà elevarli a un posto superiore a quello dovuto per l'ingresso in monastero. L'abate però si guardi bene dall'ammettere nella propria comunità un monaco di altro monastero conosciuto, senza il consenso o le lettere commendatizie del suo abate, perché sta scritto: «Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te» (cf. Tb 4,16; Mt 7,12).
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