preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Il computo esatto di nove mesi dalla data liturgica della Natività del Signore ci dà il 25 marzo; anticamente però il mistero dell’Incarnazione si celebrava poco prima di Natale. Sant’Agostino è il primo che ci parla di questo giorno come giorno della Concezione del Salvatore nel Grembo della Vergine Maria. Oggi la Chiesa si allieta nella scena del vangelo che è ‘l’Annuncio del Signore alla Vergine Maria’. E’ il momento, misterioso e profondo, dell’Annunciazione del Verbo di Dio nel Grembo verginale di una Donna. L’esperienza totale, semplice e insieme sconvolgente, che questa giovane Donna d’Israele vive nell’accettare con piena coscienza l’invito e la Venuta di Dio. E’ gioia, per la Chiesa, immergersi nel mistero dell’Annunciazione perché la Chiesa, nel Cuore e nella coscienza di Maria, rivive profondamente sé stessa. La Chiesa esiste per ricevere continuamente il Verbo del suo Dio, che si fa Carne nel suo grembo, come nel grembo di Maria. E Lei rimane per sempre, la vera ‘Incarnante della Parola’, essendo vera Madre di Dio e vera Madre nostra Immacolata. La Chiesa esiste per essere del Cristo, con il Cristo e per il Cristo, dinanzi al Padre e dinanzi agli uomini. La Chiesa gioisce nel rivivere, con un memoriale attento e amorevole, la vicenda di Maria: “Eccomi, sono l’Ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua volontà!”. Questo grande evento è scena di Chiesa e, nello stesso tempo, è scena dell’umanità. E’ in Maria che si condensa questa vicenda umana, sempre incompiuta. E’ in Maria che, finalmente, la vicenda umana vive l’incontro fondamentale nel quale deve trovare la sua salvezza, l’incontro con il Creatore. E’ in Maria che la vicenda umana incontra Dio nel modo più concreto, più avvincente, più penetrante, perché Dio diventerà un uomo e si nasconderà nel Grembo di una Donna per nascere nel profondo dell’umano e, dal profondo dell’umano, ricreare la storia di tutti. Allora la scena del vangelo ridiventa non solo profondamente famigliare, ma profondamente necessaria. Noi abbiamo bisogno di rivivere quella scena. Noi, come Chiesa e come umanità, abbiamo bisogno di riaprirci al Dio che viene e dirgli: “Sii un Dio con noi! Noi abbiamo bisogno di dire a Cristo che è in mezzo a noi, che cammini e che venga, non solo in mezzo a noi, ma anche dentro di noi a fare la volontà del Padre suo. Noi, come Maria, dobbiamo sospirare Cristo, volere che Egli venga in noi e ci insegni ad essere, come Lui, gli esecutori della Volontà del Padre, coloro che sviluppano in questo mondo il progetto meraviglioso che il Padre ha pensato per salvarci. In un giorno come questo siamo invitati a rinnovare le nostre promesse battesimali, il nostro Eccomi, il nostro Fìat. La Madonna Santissima ci aiuti.
Un anziano diceva: «Sopporta obbrobrio e afflizione per il nome di Gesù con umiltà e cuore contrito. E mostra davanti a lui la tua debolezza ed egli diverrà la tua forza».
COME L'ABATE DEVE ESSERE PREMUROSO VERSO GLI SCOMUNICATI L'abate abbia cura con la massima sollecitudine dei fratelli che hanno mancato, perché non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati (Mt 9,12). E perciò deve, come un medico esperto, usare tutti i rimedi: mandargli in segreto delle «sempecte», cioè dei saggi monaci anziani, i quali quasi di nascosto facciano coraggio al fratello in preda all'agitazione e lo inducano alla soddisfazione e lo confortino perché egli non soccomba sotto un'eccessiva tristezza (2 Cor 2,7), ma, come dice ancora l'apostolo, si dia prova a suo riguardo di maggiore carità (2 Cor 2,8) e tutti preghino per lui.
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