preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Nella prima lettura di oggi, la riflessione sul sacerdozio di Cristo arriva a una svolta decisiva. Si conclude infatti il confronto fra il sacerdozio di Cristo e quello ebraico, dei figli di Aronne. La peculiarità del sacerdozio di Cristo è radicata nella sua persona: è santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori e che non ha bisogno di offrire sacrifici per propri peccati. Nel Vangelo di oggi Gesù, con la sua attività taumaturgica, suscita l’entusiasmo popolare e mobilita attorno alla sua persona “tutta” la Palestina. Infatti dice il testo: “Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo”. Come è commuovente la richiesta di Gesù: egli elemosina una barca per poter continuare a parlare a tutti. Il rischio, infatti, di essere schiacciato, era altissimo. Non siamo forse abituati a pensare a un Dio che ha bisogno di noi? Siamo discepoli di un Dio che si propone ma che non si impone. La fede, diceva Benedetto XVI, “è una vittoriosa certezza. Ma questa vittoriosa certezza la si può perdere, rovinare, schiacciare nelle mille cose della vita”. La vita di fede è permettere a Gesù di avere un po’ di spazio nel nostro tempo, nelle nostre giornate, nelle nostre cose… per continui a proclamarci il grande annuncio, la verità che egli ci ama. Sarebbe bello avere consapevolezza come quei demòni che sanno bene chi è lui ma non si lasciano cambiare, o siamo come quelle folle che lo cercano solo perché vogliono essere guarite. Lasciamoci trasformare e toccare da Gesù, per davvero. Amen!
Sforzati di entrare nella cella del tesoro che è dentro di te e vedrai quella che è in cielo: l'una e l'altra sono un'unica (cella), e per una sola porta le vedrai entrambe. La scala che conduce al Regno è nascosta dentro di te, nella tua anima. Tu immergiti in te stesso, (lontano) dal peccato, e lì tu troverai i gradini per i quali salire.
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Né chiuda gli occhi sui vizi dei trasgressori, ma appena cominciano a nascere li strappi fin dalle radici con tutte le forze, memore della triste fine di Eli, sacerdote di Silo (cf. 1 Sam 2,27-34). E i più docili e disponibili li riprenda a parole, ammonendoli una prima e una seconda volta; ma i malvagi, gli ostinati, i superbi e i disobbedienti li reprima con le battiture o altri castighi corporali sin dal primo apparire del vizio, sapendo che sta scritto: «Lo stolto non si corregge a parole» (Pr 29,19); e ancora: «Percuoti con la verga tuo figlio e lo strapperai dalla morte» (Pr 23,14).
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