preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Il brano del Vangelo di oggi ci descrive un Gesù in pieno esercizio della sua missione, un Gesù missionario che stava toccando con mano i bisogni reali delle persone…, e ne ebbe compassione. Ecco perché disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe!». Questa richiesta di operai del vangelo emerge, direi, a partire dallo sguardo di compassione che Gesù ebbe nei confronti delle folle sfinite. Quindi la nostra chiamata non dovrebbe essere fine a se stessa. Infatti, alla luce del Vangelo di oggi, Gesù ci chiede, nella realizzazione della nostra vocazione, di essere per… gli altri, prendendo sul serio le loro ansie, le loro paure e i loro bisogni. Oggi, più che mai, il mondo ha bisogno di questa rivoluzione della compassione. Aver compassione vuole dire semplicemente soffrire con chi soffre, condividere la sofferenza dell’altro… La mia vocazione di cristiano non è finalizzata alla mia soddisfazione ma anche al bene di chi mi sta intorno. “Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro il potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattie e ogni infermità”. Il contenuto della loro missione non è diverso da quello della missione di Gesù, ch’è quello dell’annuncio dell’avvicinarsi del regno di Dio. E tutto il resto, cioè guarigioni, risuscitare i morti… è proprio la conseguenza di questa missione. Infatti il potere che loro hanno ricevuto da Gesù è un potere che ha come scopo la liberazione e la guarigione da tutto ciò che blocca la vita. Quindi approfittiamo di questo tempo di Avvento per rinnovare la nostra fiducia negli operai del vangelo che purtroppo (la fiducia) sembra scemare nel contesto attuale. Amen!
Un fratello domando all'anziano: "Come entra nell'anima il timore di Dio?". Disse l'anziano: "se l'uomo è umile, povero, e se non giudica gli altri, il timore di Dio entra in lui".
I MONACI PELLEGRINI Inoltre se l'abate lo giudica degno, potrà assegnargli un posto più elevato. E questo non valga solo per un monaco, ma anche per uno che provenga dai sopraddetti gradi dei sacerdoti e dei chierici: cioè, se l'abate vede che la loro condotta lo merita, potrà elevarli a un posto superiore a quello dovuto per l'ingresso in monastero. L'abate però si guardi bene dall'ammettere nella propria comunità un monaco di altro monastero conosciuto, senza il consenso o le lettere commendatizie del suo abate, perché sta scritto: «Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te» (cf. Tb 4,16; Mt 7,12).
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