preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Gesù oggi ci ammonisce: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati». Per ergerci a giudici del nostro prossimo dovremmo avere almeno due condizioni che raramente si realizzano in noi: dovremmo essere sgombri da difetti e da peccati, avere cioè uno sguardo limpido e poi essere certi di essere smossi e guidati dalla carità vera. A quel punto però non si tratterebbe più di giudizio, ma di correzione fraterna. Ci torna alla mente la famosa favola di Fedro e delle due bisacce, una posta dietro le nostre spalle carica dei nostri difetti e l'altra sul davanti con i difetti degli altri. Vuol dire che siamo umanamente propensi a vedere facilmente le manchevolezze altrui e restii a vedere le nostre. Pare che ci piaccia scrutare il male degli altri anche per scusare il nostro. Questi potremmo definirli i moti spontanei dell'anima, ma sicuramente non danno spazio alle virtù cristiane. Gesù dice chiaramente: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui». Se avessimo subito il giudizio di Dio secondo la più perfetta equità, saremmo tutti incappati inevitabilmente in una severa ed irrevocabile condanna. È prevalsa invece la misericordia, il perdono, la redenzione a prezzo del sangue di Cristo. Per questo il Signore non solo ci sollecita a non giudicare alcuno, ma aggiunge: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro». Non possiamo mai dimenticare che Colui che ha predicato e praticato amore fino al dono della vita, come suprema testimonianza, è stato vittima di un giudizio iniquo e di una condanna assurda. E dopo di Cristo i giudizi e le condanne inique si sono moltiplicate nel mondo, creando una vera schiera di vittime e di condannati innocenti. Così si agisce quando la misura dell'agire umano è la fredda norma scandita dalla ragione e spoglia di misericordia. Potrebbe capitare ancora oggi che proprio coloro che hanno la trave negli occhi, vogliano togliere la pagliuzza dall'occhio altrui, cadendo nella peggiore ipocrisia.
L'abba disse: "non vi è virtù così grande come il non disprezzare".
I PORTINAI DEL MONASTERO Alla porta del monastero sia posto un fratello anziano saggio, capace di ricevere e dare una risposta e la cui età avanzata non gli permetta di andar vagando qua e là. Il portinaio deve avere la sua cella vicino alla porta, perché chi arriva al monastero trovi sempre uno pronto a dare una risposta. E appena qualcuno bussa o un povero chiama, egli dica subito Deo gratias oppure Benedic; e con tutta la dolcezza suggerita dal timor di Dio dia la risposta prontamente con fervore di carità. Se il portinaio ha bisogno di aiuto, gli si dia un fratello più giovane.
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