preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
"Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me". Il Signore ci passa accanto, bussa alla porta del nostro cuore, rischiamo di non accorgerci di Lui e di perdere l'occasione di un incontro che potrebbe anche risultare definitivo. Non manca mai qualcuno che, se ci trova interessati, ci avverte della sua presenza, anche se siamo ciechi. Il Signore si fa trovare da chi lo cerca. Il cieco del Vangelo, era tutt'altro che rassegnato alla sua condizione. Infatti, informato del passaggio del Signore, fa esplodere la sua accorata preghiera: "Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me". È troppo urgente la sua richiesta e davvero unica l'occasione che gli si presentava, per cui, benché invitato a tacere da alcuni zelanti del seguito, egli grida con maggiore intensità e ripete ancora la sua ardente preghiera. Quel Gesù che passa, si arresta quando sente il grido della nostra preghiera e anche se ci trova non vedenti, chiede che qualcuno ci conduca da Lui. Ora il cieco non ha più bisogno di gridare, il Signore è lì, ne avverte la presenza e la forza e può finalmente esplicitare la sua richiesta. "Signore, che io riabbia la vista". Chiede di riavere qualcosa di prezioso che ha perso. La risposta di Gesù non si fa attendere: "Abbi di nuovo la vista. La tua fede ti ha salvato". Ora il suo non è più un vagare incerto, un procedere a tentoni. La sua preghiera assume la caratteristica della gratitudine e della lode, si pone quindi alla sequela di Cristo e già adempie lodevolmente la sua missione, coinvolgendo nella lode a Dio tutti gli astanti. È avvenuto un doppio miracolo: un cieco ha recuperato la vista degli occhi, la sua anima si è illuminata nella fede. Accade sempre così quando incontriamo Cristo e l'invochiamo con fervore. Invochiamolo con coraggio! Non smettiamo di gridare, se ce ne bisogno. Signore, salvami!
Un fratello andò da un eremita e uscendo dalla sua cella disse: Perdonami, o padre, perché ti ho impedito di adempiere alla tua regola. Quello rispose dicendogli: La mia regola è di accoglierti in modo ospitale e di farti andare in pace.
VESTI E CALZATURE DEI FRATELLI Ai fratelli si diano vesti secondo le condizioni e il clima dei luoghi dove risiedono, perché nelle regioni fredde si ha bisogno di più, in quelle calde di meno. Giudicare di questo spetta all'abate. Comunque noi pensiamo che nelle regioni a clima temperato siano sufficienti a ciascun monaco la tunica, la cocolla, una di pelo per l'inverno e una di stoffa liscia o consumata per l'estate e lo scapolare per il lavoro; le calze e le scarpe per i piedi. Quanto poi al colore o alla qualità degli indumenti, i monaci non vi facciano troppo caso, ma si accontentino di ciò che si trova nel territorio dove abitano o di quel che si può acquistare a minor prezzo. L'abate però si preoccupi della misura delle vesti, che non siano troppo corte per chi le deve indossare, ma di taglia giusta.
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