preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
È un linguaggio apocalittico quello che ci propone oggi la liturgia della Parola nel brano di Vangelo di Luca. Realtà umane ed escatologiche s'intrecciano. Sul nostro mondo sta per essere irrorato l'amore misericordioso del Padre, con l'immolazione del Figlio suo Gesù Cristo. Egli dice che sarà un fuoco che si accende ed arde sul mondo. Vuole dirci che, per assurdo, dinanzi all'evento centrale della storia, c'è ancora la possibilità di una incomprensibile indifferenza da parte degli uomini. Già era accaduto qualcosa di simile in passato: le grandi teofanie da una parte e le imperdonabili disattenzioni degli uomini dall'altra. Ora la teofania è diventata presenza viva del Figlio di Dio. La sua incarnazione e la sua immolazione significheranno la redenzione universale dell'intera umanità; è la suprema manifestazione del Cristo, la più grande teofania della storia. Nessuno però potrà più sfuggire agli influssi divini della sua infinita misericordia. Quell'amore senza limiti è destinato a scandire l'ultima inevitabile selezione: o salvati e redenti per quel sacrificio e per la libera e gioiosa adesione personale a Cristo o irrimediabilmente condannati per un colpevole definitivo rifiuto. Così si diventa "cadaveri", dilaniati dagli avvoltoi. In questo contesto leggiamo la sua sentenza: "Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà". Salvare la propria vita nel concetto umano più immediato, significa reclamare ancora la propria libertà, esimersi dall'influsso divino, spendere la vita in completa autonomia. Perderla per Cristo significa quella umile sottomissione che ci fa godere dei frutti della redenzione e ci assimila a Cristo, che ci conferisce una più sublime somiglianza a sè e al nostro Creatore e Padre. Purtroppo siamo ancora spesso vittime di quella primordiale tentazione che ci insinua che la personale libertà è l'apice dell'auto-realizzazione per l'uomo. Noi credenti preferiamo invece di ridare a Dio il primato che gli spetta, consapevoli che questa è la via che ci consente la nostra piena realizzazione.
Gli altri confratelli lodavano unanimemente un fratello in presenza dell'Abba Antonio; ma quando il vecchio lo ebbe messo alla prova, scoprì che non tollerava le offese. E il vecchio gli disse: Tu sei simile a un edificio, che, pur avendo una bella porta d'ingresso, tuttavia viene espugnato dai ladri per la porta di servizio.
COME DEVONO ESSERE ACCOLTI GLI OSPITI La cucina dell'abate e degli ospiti sia a parte, di modo che quando gli ospiti - che nel monastero non mancano mai - sopraggiungono a ore non previste, i fratelli non siano disturbati. E in questa cucina prestino servizio per un anno intero due fratelli che possano adempiere bene tale compito. Se c'è bisogno, si diano loro degli aiutanti perché servano senza mormorare; quando invece sono poco occupati, vadano a lavorare dove viene loro comandato. E questo non valga solo per costoro, ma in tutti gli uffici del monastero si usi questo criterio: che quando uno ha bisogno di aiuto, gli si dia; e quando invece è libero, obbedisca agli ordini ricevuti.
home | commento | letture | santi | servizi | archivio | ricerca | F.A.Q. | mappa del sito | indice santi | preghiere | newsletter | PDA | WAP | info