preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
La parabola del vangelo di oggi descrive un uomo che fa consistere la propria sicurezza nell'accumulo dei suoi beni. Racconta Luca che un tale disse a Gesù: “Maestro di' a mio fratello che divida con me l'eredità”. La replica pronta del Signore fu: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore tra voi?” Gesù è venuto a salvarci, e proprio per questo non può consentire che noi ci impossessiamo egoisticamente di quello che ci può impedire di salvarci. L'uomo è capace di amare o di credere di amare, senza che il suo oggetto fondamentale sia Dio, ma chi non lo preferisce ad ogni altra cosa, il suo amore è fuorviante. La ricchezza per se stessa non è un valore sommo. “Anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”. Ciò che si crede essere sicurezza di vita, dissemina ovunque segni di morte. La vita infatti è dal Padre, per questo sei figlio suo, e fratello di tutti. Se la tua vita è dalle cose, lui non è più tuo Padre e i fratelli sono tuoi contendenti. Il destino dell'uomo dipende dunque dall'uso corretto delle creature: o sono mezzi per amare Dio e il prossimo, o diventano fine o surrogato di Dio. “Che farò?” L'insensato proprietario è deciso ad accrescere i suoi beni, dai quali può assicurarsi un futuro senza pensieri. “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia”. Ha idolatrato il suo denaro e i suoi averi. E' un uomo stolto che non sa dare alla sua vita altro significato che lo sfruttamento egoistico. Dio però lo desta dalla sua stupidità. “Stolto, questa notte stessa, ti sarà richiesta la tua vita”. Ci viene posto un problema: essere ricchi o poveri davanti a Dio. Il concetto di povertà e di ricchezza per il Signore non coincide con il nostro. E' povero davanti a Dio “chi accumula ricchezze solo per sé”, chiuso ai valori del Regno e alla divisione con gli altri. Invece è ricco chi mantiene la sua vita e il suo cuore aperti a Dio e sa mettere al servizio dei fratelli la sua abbondanza o la sua scarsità.
Disse un anziano: «L'umiltà non è uno dei piatti del festino, ma il condimento che insaporisce tutti i piatti».
CHE NESSUNO PARLI DOPO COMPIETA In ogni momento i monaci devono coltivare il silenzio, ma soprattutto nelle ore notturne. Perciò in tutti i tempi, sia nei giorni di digiuno che nei giorni del doppio pasto, ci si regoli così: se è un giorno in cui c'è il pranzo, i fratelli, appena alzatisi da cena, si riuniscano tutti insieme e uno legga le Collazioni o le Vite dei Padri o altro testo che edifichi chi ascolta; ma non i primi sette libri della Bibbia o i libri dei Re, perché alle menti deboli non sarebbe utile udire a tale ora queste parti della Scrittura, le quali tuttavia si devono leggere in altri momenti. Se invece è giorno di digiuno, dopo la celebrazione dei Vespri, fatto un breve intervallo, si riuniscano subito per la lettura delle Collazioni, come abbiamo detto sopra; se ne leggano quattro o cinque fogli o quanto l'ora permette, per dare modo a tutti, durante il tempo della lettura, di radunarsi insieme, anche quelli occupati in qualche ufficio loro assegnato.
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