preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Tutta la nostra storia è indelebilmente segnata dall'evento Cristo. Tutta la nostra liturgia tende come ad un approdo, ad un culmine, alla scoperta e alla solenne proclamazione della sovranità e regalità del nostro Salvatore e Signore. Così ogni anno concludiamo ed iniziamo l'anno liturgico. Ciò che era stato preannunciato con accenti apocalittici come un personaggio misterioso a lungo atteso e vagheggiato, ora è presente e vivo: ha conquistato il suo trono regale umiliandosi nella carne, scalando un monte e immolandosi per noi sul patibolo della croce. È la conquista del Crocifisso, è la nostra redenzione. Egli aveva affermato che il suo regno non è come quelli del nostro mondo ed infatti egli non ha conquistato poteri umani, non si è dotato di potenza, ma ha conquistato il mondo ed ha affascinato tutti noi a prezzo della sua stessa vita. Una conquista scaturita soltanto dall'amore, dalla misericordia, dalla piena riconciliazione. Alla domanda di Pilato: "sei tu re?" Gesù risponde: "Tu lo dici; io sono re". Egli è il testimone della verità perché è venuto a cancellare la menzogna che ci ha indotto al peccato. Egli è la Voce che ristabilisce il nostro dialogo con Dio dopo averlo interrotto nel primo peccato; ora lo invochiamo chiamandolo Padre. Egli è la via che ci riconduce alla casa paterna dopo il nostro vagabondare nei pascoli immondi. Egli è il re della pace e il Signore dei risorti. La nostra sudditanza è scandita dalla libera e gioiosa adesione al suo vangelo, da una incondizionata fedeltà, da una continua e crescente comunione con lui. Dobbiamo soltanto tendere l'orecchio dell'anima alla sua voce, ai suoi preziosi insegnamenti. Questa è la via per affermare la sua regalità e per espandere e far crescere il suo regno. Ci vuole come testimoni anche quando siamo chiamati a pagarne un prezzo alto, anche quando ci potrebbe costare la vita. I martiri non si sono assoggettati alle angherie dei potenti e prepotenti del mondo per proclamare l'indiscutibile primato di Cristo, la sua divina sovranità. Ma lui lo hanno seguito, servito e imitato. Facciamo anche noi lo stesso.
L'Abba Hor disse al suo discepolo: Bada di non portare mai in questa cella le parole di un altro.
NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI Allora se, dopo matura riflessione, promette di osservare tutto e di obbedire a ogni comando che riceverà, sia accolto nella comunità, ben sapendo che anche l'autorità della Regola stabilisce che da quel momento non gli è più lecito uscire dal monastero, né scuotere il collo dal giogo della Regola che in sì lungo periodo di riflessione era libero di rifiutare o di accettare.
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