preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
“Ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l’eredità devastata, per dire ai prigionieri: “Uscite”, e a quelli che sono nelle tenebre: “Venite fuori”. Isaia ci offre un brano messianico particolarmente significativo: viene adombrata la nuova alleanza in Cristo, la sua risurrezione e quella dei prigionieri, di tutti noi, l’appropriazione della sua eredità, dell’intera umanità. Brillano i segni della divina misericordia: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai”. Questa è l’opera per eccellenza voluta dal Padre affidata al Figlio Gesù: “Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole”. C’è una identità e sintonia perfetta tra Padre e Figlio: “Non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato” per cui “tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato”. Di certo non lo onoravano i soliti scribi e farisei, anzi gli lanciano una minaccia e un’accusa gravissima: “i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio”. È una deprecabile ostinazione, una colpevole cecità che scambia il bene con il male: sarebbe peccato guarire in giorno di sabato e caricarsi del lettuccio, sarebbe peccato dichiarare la propria vera identità comprovata da innegabili prodigi. Sarebbe invece giustificata la loro minaccia di morte verso l’innocente. Quel terribile errore, quella diabolica menzogna che in principio ci spinse al peccato riemerge in continuità fino a farci negare l’evidenza inequivocabile della presenza e potenza divina. La potenza della croce, la gloriosa risurrezione squarcerà il velo nero del male, convocando l’intera umanità alla risurrezione e alla vita.
Mi rifugio all’0mbra delle tue ali!
L'abba Antonio predisse all'abba Amun: «Tu farai molti progressi nel timore di Dio». Poi lo condusse fuori dalla cella e gli mostrò una pietra: «Mettiti a ingiuriare questa pietra», gli disse, «e colpiscila senza smettere». Quando Amun ebbe terminato, sant'Antonio domandò se la pietra gli avesse risposto qualcosa. «No», disse Amun. «Ebbene! anche tu», aggiunse l'anziano, «devi raggiungere questa perfezione».
SE I MONACI POSSONO AVERE ALCUNCHÉ DI PROPRIO Nel monastero bisogna estirpare fin dalle radici soprattutto questo vizio: che nessuno ardisca dare o ricevere qualcosa senza il permesso dell'abate; né avere alcunché di proprio, nulla nel modo più assoluto: né libro, né tavolette, né stilo, proprio niente insomma; dal momento che ai monaci non è lecito disporre nemmeno del proprio corpo e della propria volontà. Tutto il necessario invece lo devono sperare dal padre del monastero; e non sia lecito avere alcuna cosa che l'abate non abbia data o permessa. Tutto sia comune a tutti - come sta scritto - e nessuno dica o ritenga qualcosa come sua proprietà (At 4,32). E se si scoprirà un fratello che asseconda questo pessimo vizio sia ripreso una prima e una seconda volta; se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.
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