Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Giovedì 22 novembre 2018

Se avessi compreso anche tu la via della pace...

Una caratteristica dei profeti era quella di solidarizzare con il popolo nella correzione, mandata da Dio. Gesù è totalmente inserito nel suo popolo che non può non sentirne il peso. L'episodio narrato trabocca di amara tristezza, nel pianto impotente del Signore, alla vista della città. Egli non riesce a contenere i suoi sentimenti e piange su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace”. Il suo pianto manifesta la sua impotenza davanti al rifiuto. Ma rivela pure la gloria di un amore fedele anche nell'infedeltà. Ci manifesta quanto siamo amati, quanto siamo cercati da lui e come gli costi caro abbandonarci alla nostra libertà quando noi rifiutiamo il suo dono. Come siamo distanti dal pensiero di un Dio insensibile e alto sulle nostre vicende. A Gesù non è risparmiato lo strazio di tutti i profeti davanti alla freddezza di un popolo indurito, che non riconosce la visita del suo Dio nella persona e nelle parole del suo stesso Figlio. E' nel cuore della storia che Dio, per mezzo di Gesù, vuole entrare e vuole essere accolto: questo è il significato della visita che egli vuol fare ad ogni creatura. Rifiutando il Messia, Gerusalemme ha respinto quel dono di Dio chiamato pace. Nella persona di Cristo, Dio compiva l'ultimo tentativo di dare pace. “Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee”. E' la condizione di chi non accoglie la salvezza: uno stato di perdizione “abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te”. Ma non si tratta di punizione, bensì di un riscontro del male che ci stiamo facendo, anche senza saperlo. Gesù, con il suo pianto e la sua croce, lo porterà su di sé, e riaprirà per sempre e per tutti la porta della salvezza. “I doni e le promesse di Dio sono irrevocabili”. Sappiamo dalla storia sacra quanto a Dio sta a cuore Gerusalemme. “Il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe, immagine di ogni anima.


Apoftegmi - Detti dei Padri

A ciascuno il proprio tempo

L'Abba Marco una volta disse all'Abba Arsenio: E' bene o non è bene avere nella tua cella qualcosa che ti dia piacere? Per esempio una volta venni a sapere che un confratello aveva un piccolo fiore selvatico nella sua cella e lo strappò alla radice. L'Abba Arsenio disse: Bene, è giusto. Ma ogni uomo dovrebbe agire secondo il proprio percorso spirituale. E se uno non riuscisse a stare senza quel fiore, dovrebbe ripiantarlo.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI

Quando un nuovo venuto chiede di abbracciare la vita monastica, non gli si conceda tanto facilmente di entrare; ma, come dice l'apostolo: «Provate gli spiriti per vedere se provengono veramente da Dio» (1 Gv 4,1). Se il nuovo venuto dunque insiste nel bussare e si vede che sopporta con pazienza le umiliazioni che riceve e la difficoltà dell'ingresso per quattro o cinque giorni e ciò nonostante persiste nella sua domanda, gli si conceda di entrare e lo si ospiti in foresteria per qualche giorno. Poi egli dimori nei locali del noviziato dove si eserciti, mangi e dorma. E sia incaricato per lui un anziano capace di guadagnare le anime, il quale lo esamini con molta attenzione e metta ogni cura nell'osservare se il novizio cerca veramente Dio, se è pronto all'Opus Dei, all'obbedienza, alle umiliazioni; gli si prospettino tutte le difficoltà e le asprezze attraverso le quali si va a Dio.


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