Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Venerdì 20 luglio 2018

C'è qualcosa più grande del tempio.

San Benedetto, scrivendo ai suoi monaci nella sua Regola, parla di uno zelo buono che induce all'amore verso Dio e verso il prossimo e di uno zelo "amaro", che è indice di umana grettezza e separa dal bene e conduce all'inferno. Quest'ultimo è quello che spesso mostrano scribi e farisei nei confronti del Cristo e dei suoi discepoli. Sono essi i predecessori e i maestri di tutti coloro che hanno sempre aperto un codice di comportamento per gli altri e che lo usano costantemente per giudicare e condannare. Sono tra i peggiori nemici della vera fede perché, illudendosi di zelare la giustizia, rinnegano di fatto la carità e l'amore. Spògliano il buon Dio della sua essenziale prerogativa che è appunto il perdono e la misericordia. Fanno uso della legge come di una lama tagliente non per curare il male, ma per uccidere i malati. È una brutta razza che trova sempre i suoi adepti, qualche volta anche nella nostra Chiesa. Il Signore Gesù ci raccomanda: "Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?". Il pretesto che colgono oggi gli scribi è quello di vedere i discepoli del Signore che in giorno di Sabato colgono delle spighe di grano per mangiarne i chicchi. Ed ecco pronta la loro sentenza di condanna: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di festa». Gesù in poche battute dimostra loro quanto sia malizioso ed assurdo il loro giudizio, citando esempi tratti dalla scrittura sacra, dalla stessa fonte da cui essi ritengono di poter motivare le loro valutazioni. Poi aggiunge: "Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio". Se il tempio, la Chiesa, la religiosità viene interpretata come puro legalismo si svuotano di Dio e restano solo pietre e macigni che gravano pesantemente e mortalmente sull'uomo. "Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa". Solo nel Signore riusciamo a coniugare con divina sapienza, giustizia e misericordia, peccato e perdono, colpa e assoluzione. La legge senza l'amore è solo vincolo e laccio, serve per gli schiavi e non per i figli, riempie le carceri del mondo e rischia di riempire di dannati gli inferi. Non è questa la missione di Cristo, non è questa la missione della Chiesa e dei suoi ministri. "Misericordia io voglio..." perché "il Figlio dell'uomo è Signore del sabato".


Apoftegmi - Detti dei Padri

Sforzati di entrare nella cella del tesoro che è dentro di te e vedrai quella che è in cielo: l'una e l'altra sono un'unica (cella), e per una sola porta le vedrai entrambe. La scala che conduce al Regno è nascosta dentro di te, nella tua anima. Tu immergiti in te stesso, (lontano) dal peccato, e lì tu troverai i gradini per i quali salire.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

Né chiuda gli occhi sui vizi dei trasgressori, ma appena cominciano a nascere li strappi fin dalle radici con tutte le forze, memore della triste fine di Eli, sacerdote di Silo (cf. 1 Sam 2,27-34). E i più docili e disponibili li riprenda a parole, ammonendoli una prima e una seconda volta; ma i malvagi, gli ostinati, i superbi e i disobbedienti li reprima con le battiture o altri castighi corporali sin dal primo apparire del vizio, sapendo che sta scritto: «Lo stolto non si corregge a parole» (Pr 29,19); e ancora: «Percuoti con la verga tuo figlio e lo strapperai dalla morte» (Pr 23,14).


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