preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Gesù durante l'ultima Cena apre il suo cuore completamente ai suoi apostoli. È una comunione intensa e profonda. Vi leggiamo esortazioni che riguardano tutta l'esistenza. Non sono comandi dettati da una volontà di dimostrare in modo arrogante la propria superiorità. È la volontà di farci partecipi di tutti i Misteri della vita in Dio. Il comandamento di Gesù è il comandamento dell'amore. È l'attuazione di una promessa; è la possibilità di cambiare completamente la nostra esistenza. Gesù non ci vuole servi ma amici. Inaugura con noi delle relazioni nuove; il compimento della sua missione è proprio la realizzazione di questa nuova vita nell'amore di Dio. Le esperienze delle prime comunità cristiane sono proprio la realizzazione di questo comandamento di amore. Lo leggiamo negli Atti degli Apostoli. Ci riportano importanti testimonianze storiche che riguardano soprattutto la vita della comunità di Gerusalemme. Scrittori non cristiani, che appartengono al mondo pagano di Roma concordano su questa testimonianza. È storia vera l'amore che animava le comunità cristiane dei primi secoli! È storia può diventare ancora cronaca dei nostri giorni. Non può essere solo la lettura di un passato che non ci appartiene! Anzi proprio qui affondano le nostre vere radici. Gesù ci insegna come realizzare tutto ciò: se faremo quel che Egli ci chiede. Le debolezze umane che sono presenti nella storia non possono essere vincoli che impediscono il diffondersi di questo amore. I nostri errori saranno allora, se riconosciuti con umiltà, possibilità di vera conversione in un atteggiamento di umile perdono.
Dicevano dell'Abba Agatone che si mise per tre anni una pietra in bocca, finché non imparò a tacere.
IL LAVORO MANUALE QUOTIDIANO Soprattutto è necessario incaricare uno o due anziani, i quali facciano il giro del monastero nelle ore in cui i fratelli devono dedicarsi alla lectio divina, per vedere se per caso non ci sia qualche fratello accidioso che si dà all'ozio o alle chiacchiere e non è intento alla lettura; e così non solo è inutile a se stesso ma distrae anche gli altri. Se lo si trovasse - non sia mai! - un tipo così, lo si rimproveri una prima e una seconda volta; se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare con tale severità che gli altri ne abbiano timore. Né un fratello si intrattenga con un altro nelle ore non permesse.
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