Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Martedì 16 gennaio 2018

Il sabato è fatto per l'uomo, e non l'uomo per il sabato.

Il riferimento di Gesù, per giustificare il comportamento dei suoi discepoli, all'episodio di Davide, è significativo. Il re sta scappando dalla gelosia omicida di Saul e giustifica al sacerdote la richiesta dei pani sacri non solo per la necessità e la fame ma per la purezza dei suoi soldati. Il sabato (giorno di festa, la nostra domenica) è fatto per l'uomo, è l'insegnamento di Gesù ma anche da questo riferimento scopriamo che ciò non può giustificare nessuna nostra pigrizia e nessun nostro tentennamento; anzi, implica una necessità di purificazione interiore che proviene dall'ascolto e dalla pratica del suo insegnamento. È l'invito a non cadere in atteggiamenti esteriori e ipocriti ma nel sentire profondamente nel cuore il suo insegnamento. Non vi è in esso nessun invito a considerarci immuni dalle leggi ma a considerare lo scopo profondo di quella legge morale che Dio ha scritto nel nostro cuore e che è poi esplicitata nei precetti divini. È la legge del bene e del male e il cui discernimento serio, nel nostro cuore, non solo irrobustisce la nostra dignità umana ma rivela il nostro essere creati ad immagine e somiglianza di Dio. Rispettare queste legge e i precetti divini significa favorire proprio questa dignità che deriva dal nostro essere creature ad immagine divina. Il sabato richiama proprio quel comandamento di «santificare le feste» che significa rendere a Dio quella giusta lode, scevra da ipocrisie, che dà il senso profondo alla nostra vita. La partecipazione domenicale all'eucaristia non è un obbligo da adempiere per evitare un castigo, ma il riconoscimento della necessarietà, per la nostra vita, di un intervento divino che ne dia scopo.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Disse abbà Longino: «Da' il sangue e ricevi lo Spirito»


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

Quando dunque uno assume il titolo di abate, deve guidare i suoi discepoli con un duplice insegnamento: cioè, tutto quello che è buono e santo mostrarlo più con i fatti che con le parole; in modo da proporre con le parole i comandamenti del Signore ai discepoli più maturi, invece ai duri di cuore e ai più rozzi mostrare con il suo esempio i precetti divini. Quanto poi avrà indicato ai suoi discepoli come contrario alla legge di Dio, dimostri con la sua condotta che bisogna evitarlo, perché non gli accada che, mentre predica agli altri, non sia trovato riprovevole proprio lui (cf. 1 Cor 9,27), e che un giorno Dio non debba dirgli a causa dei suoi peccati: «Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te le getti alle spalle?» (Sal 49,16-17); e ancora: «Tu osservavi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, ma non ti sei accorto della trave che era nel tuo» (Mt 7,3).


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