preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
L'evangelista Luca, con il suo linguaggio semplice, essenziale, pittorico, pone oggi sotto i nostri occhi una scena viva e significativa: Vediamo Levi, seduto al banco, intento al suo lavoro di chiedere, riscuotere e magari estorcere le imposte ai passanti. Un mestiere ingrato e che forse produce ricchezza, ma che genera sempre tante antipatie, come tutti quelli, che per ragioni diverse, hanno il compito di esigere tasse, multe, dazi e denaro in genere. Chi ci tocca il portafoglio, a torto o a ragione, non ci è mai simpatico. Proprio questo personaggio, con questo preciso mestiere, con queste credenziali, suscita invece l'interesse e la simpatia di Gesù. Gli dice semplicemente: «seguimi!». Egli evidentemente, quando assume il suo ruolo di Salvatore dell'uomo, stravolge le nostre stime e i nostri giudizi: egli comincia dagli ultimi, dai più lontani, dai più bisognosi. Si rivolge in modo preferenziale a coloro che, pur immersi nel male o invischiati nelle cose del mondo, o sedotti dal dio denaro, anelano a qualcosa di diverso e di migliore, anche se non sono ancora in grado di vedere da dove, da che cosa, da chi potranno ricevere quel qualcosa. Quell'anelito e l'embrione della fede, che il Signore Gesù sapientemente riesce a far crescere. Così fa con Levi, cosa fa ancora con tanti del nostro tempo. Sfida poi i suoi nemici, ipercritici e puritani, andando a mensa a casa di Levi, ritenuto da tutti un pubblicano e un peccatore. È in quella famosa cena che Gesù proferirà una delle sue affermazioni più solenni e scultoree, dicendo ai convitati di allora, ma a tutti noi: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori». Questa verità è destinata a restare immutabile nei secoli: è una delle prerogative principali del Cristo e dei suoi ministri, dovrebbe essere una dote sempre viva ed attuale della sua Chiesa e una ferma ed irremovibile convinzione di ogni cristiano, di ognuno di noi.
Abba Irinio disse: Non ti stai fermando perché stai invecchiando. Stai invecchiando perché ti stai fermando.
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE L'abate, che è ritenuto degno di essere posto a capo del monastero, deve sempre ricordarsi di come viene chiamato e confermare con i fatti il suo nome di superiore. Si sa invero per fede che nel monastero egli fa le veci di Cristo, dal momento che viene chiamato col suo stesso nome, secondo la parola dell'apostolo: «Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!» (Rm 8,15).
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