preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
L'evangelista dichiara che Gesù è nella linea delle promesse fatte a Davide e quindi figlio di Davide secondo la carne, anche se la sua nascita verginale esclude l'opera dell'uomo. Egli è giuridicamente figlio di Davide solo attraverso Giuseppe, che fisicamente non è suo padre. La figura di Giuseppe è alta e drammatica, scolpita di fede e umiltà. Non è semplice accettare di essere padre di Dio! Giuseppe ha saputo tenere il contegno giusto di fronte al miracolo dell'opera e della parola di Dio. Egli non è né curioso né intimidito, non può spiegarsi ciò che viene da Maria e non vuol scrutare a forza il mistero; si ritira piuttosto in una rispettosa venerazione, lasciando il resto a Dio. Il presente in cui viviamo e la mediazione umana attraverso la vita della Chiesa ci pongono già nella dimensione della presenza del Signore, poiché si desidera ciò che già si possiede: è la dimensione della speranza e dell'attesa cristiana. Nella prima lettura troviamo conferma di questa provenienza umana da parte di Gesù. Dio mantiene fede alla promessa fatta a Davide, raccoglierà di nuovo il gregge disperso e costituirà un germoglio nuovo, re giusto, sotto il quale il popolo riceverà il bene. L'oracolo di salvezza che promette il ritorno dall'esilio, come secondo esodo, nuova liberazione, prefigurazione di quella messianico-escatologica, dà la dimensione della speranza cristiana, che è vita di Dio già presente in noi, perché opera del Messia, unico Salvatore che raccoglierà il popolo in unità e lo porterà alla salvezza. Il salmo 71 richiama all'unzione di Gesù Cristo per annunziare ai poveri un lieto messaggio. Il Figlio di Dio assume pienezza storica nella missione ecclesiale del suo corpo mistico che è la Chiesa.
I monaci chiesero all'abba: "che cos'è la maldicenza?". Risposta: "misconoscere la gloria di Dio e invidiare il prossimo".
IL PRIORE DEL MONASTERO Perciò noi abbiamo ritenuto necessario, per salvaguardare la pace e la carità, che dipenda dalla volontà dell'abate tutta l'organizzazione del monastero. E, se è possibile, tutte le esigenze del monastero siano regolate, come abbiamo già stabilito, per mezzo dei decani, secondo le disposizioni dell'abate, cosicché, quando gli incarichi sono divisi tra più persone, nessuno abbia occasione di insuperbirsi. Se però le condizioni locali lo esigono, se la comunità per giusti motivi ne fa umilmente richiesta e se l'abate lo giudica utile, egli stesso, con il consiglio di fratelli timorati di Dio, scelga chi vuole e se lo costituisca priore. Da parte sua questo priore esegua con rispetto quanto gli sarà comandato dal suo abate, senza permettersi nulla che sia contro la volontà o le disposizioni dell'abate; perché, quanto più è preposto agli altri, tanto più bisogna che osservi con maggior impegno le prescrizioni della Regola.
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