Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Venerdì 08 dicembre 2017

L'anima mia magnifica il Signore.

Solennità dell'Immacolata, colei che, anche se con timore, accetta il piano di Dio. Il brano di Luca indica nell’annuncio dell’angelo a Maria il compimento della promessa fatta da Dio a Davide; inoltre con il richiamo a Giacobbe si vuol vedere in Gesù la realizzazione di tutte le promesse. Anche questo testo ricorda che Gesù è nella linea davidica attraverso Giuseppe, mentre il dialogo fra Maria e l’angelo si scopre il compimento; una vergine rimanendo vergine, darà alla luce un figlio. Il realizzarsi in Gesù delle promesse è opera esclusiva di Dio e non dell’uomo, benché non avvenga senza il concorso umano rappresentato qui dall’accettazione di Maria. Nella seconda lettura riassume tutto ciò che il Padre ha fatto per noi mediante il Cristo e che si realizza nello Spirito del cristiano. Egli ci ha prescelti e predestinati fino dall’eternità alla figliolanza per la santità e l’amore; ci ha fatti partecipi della redenzione, della conoscenza e dell’eredità di figli; dichiara che questi valori sono di tutti (noi-voi) avendo tutti ricevuto quale pegno dell’eredità lo Spirito. Ora in Maria tutto ciò si realizza in modo unico. Nella prima lettura troviamo la convinzione d’Israele che la condizione umana fosse una partecipazione alla punizione meritata dalla prima trasgressione. La liturgia però non vuole oggi soffermarsi sul castigo, conseguenza del peccato, ma sulla promessa di salvezza. Così Maria appare accanto a Cristo, il nuovo Adamo, e perciò si presenta come colei che aiuta a riscoprire e a rispettare il posto della donna nella salvezza dell’umanità. Il salmo 97 è un inno di lode al Signore. Si direbbe che il salmista sia come sopraffatto dalla ressa dei sentimenti, e non riuscendo a dir tutto in una volta quel che vorrebbe, torni e ritorni sul medesimo tema. Il tema è quello del «Magnificat», così confacente all’odierna celebrazione. (vedi anche il testo supplementare sul nostro sito).


Nella novena della festa dell'Immacolata siamo stati invitati a cantare: Tota pulchra es Maria et macula originalis non est in te! Tutta bella sei tu, o Maria e la macchia originale non è in te! Lo splendore di Maria riempie il cuore di tutti i fedeli che pur sapendosi macchiati da tante colpe, vedono in lei un modello di purezza, un mare di puro cristallo che affascina e conquista. La liturgia della Parola ci parla del peccato dell'uomo e della sua decaduta da confidente del Signore a ribelle, da competitore della scienza del bene e del male a un essere svilito e vergognoso, ponendo in risalto la profonda stoltezza del cuore umano, sempre pronto ad addossare ad altri la colpa dei propri errori. Paolo nell'introduzione della lettera agli Efesini riconosce che dalla bontà del Signore siamo chiamati ad essere santi e immacolati al suo cospetto. La narrazione evangelica ci fa sentire la voce dell'Angelo che dice a Maria: "Rallegrati, ti saluto, piena grazia, il Signore è con te!". La Chiesa tutta vuole festeggiare il grandissimo privilegio di Maria, la sua immunità dal peccato originale e da qualsiasi altro peccato, senza colpa alcuna fin dal suo concepimento. La Chiesa ha sempre creduto Maria immacolata e Pio IX l'8 dicembre 1854 proclamava questa verità come dogma di fede a cui i cattolici devono dare il loro amorevole assenso. Non è una verità rivelata espressamente dallo Spirito Santo attraverso la sacra Scrittura, ma è contenuta implicitamente nel progetto di salvezza di Dio, e accennato nella la parola rivelata. Per i teologi del medioevo sorgeva una difficoltà di cui non riuscivano a trovare la soluzione ragionevole. Se è verità di fede che tutti gli uomini sono salvati dai meriti di Gesù Salvatore, come si considera l'immacolato concepimento di Maria, fin dal primo istante della sua esistenza? E' la madre di Gesù, il salvatore... Come poteva essere redenta quando il redentore non era ancora tra noi? Difficoltà reale sulla quale si protraevano interminabili discussioni tra i teologi. Duns Scoto, francescano, ebbe il felice intuito di superare la difficoltà salvando il principio di redenzione universale per mezzo del sacrificio di Gesù e nello stesso tempo l'immacolata concezione di Maria, anche lei preservata da ogni peccato. Questo il suo ragionamento: Era conveniente che la madre di Gesù non avesse conosciuto la schiavitù del peccato, nemmeno per un istante; Dio, nella sua onnipotenza, poteva realizzare questo portento; e quindi lo fece. Come? Anche la Madonna deve la sua salvezza a Gesù, ma non per via di liberazione quanto per la preservazione da ogni peccato in vista dei suoi meriti. Il suo assioma fu questo: Decuit - era conveniente; Potuit - aveva il potere di farlo. Fecit - Lo fece. Ben sappiamo che nel 1858, appena quattro anni dopo, la veggente di Lourdes Santa Bernardetta, in una della sue apparizioni, chiese alla bianca Signora quale fosse il suo nome. Sentì rispondersi in dialetto dei Pirenei: Io sono l'immacolata concezione! Parola mai intesa dalla fanciulla e di cui ignorava completamente il significato. Voleva senza dubbio essere una conferma alla definizione papale e alla fede del mondo cattolico. Noi, nella certezza della nostra fede, ci rallegriamo con Maria, la veneriamo come nostra madre celeste e impetriamo da lei quella purezza di coscienza e di vita che ci avvicino al fascino della sua persona.

Apoftegmi - Detti dei Padri

Il padre Poemen disse a chi voleva vivere santamente: "Non misurare te stesso, aderisci piuttosto a chi sa vivere bene".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'ORDINE DELLA COMUNITÀ

I più giovani pertanto rispettino i più anziani; gli anziani amino i più giovani. Nello stesso modo di chiamarsi nessuno si permetta di rivolgersi all'altro col semplice nome, ma i più anziani chiamino i più giovani con l'appellativo di «fratelli» e i più giovani chiamino gli anziani «nonni», che significa «reverendo padre». L'abate poi, giacché sappiamo per fede che tiene le veci di Cristo, sia chiamato «signore» e «abate», non per sua pretesa ma per onore e amore di Cristo. Ma egli rifletta sulla sua dignità e si dimostri degno di tale onore.


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