Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 18 settembre 2017

Uno straniero diventa maestro di fede e di preghiera.

L'implorare dall'Alto, il chiedere aiuto a chi è più potente di noi quando costatiamo la nostra impotenza dinanzi alle difficoltà della vita è un fatto spontaneo, ma non significa con ciò che abbiamo ancora imparato l'arte sublime della preghiera. Il centurione del Vangelo di oggi è mosso da un affetto verso un suo servo che è in pericolo di vita. È raro che i padroni amino i servi e si preoccupino della loro vita. I rimedi umani hanno esaurito le proprie risorse, il servo sta per morire, egli però ha sentito parlare di Gesù, evidentemente è venuto a conoscenza della forza di salvezza che emana dal Signore, ne ha percepito la grandezza dato che egli si sente indegno di riceverlo sotto il suo tetto e perfino di comparire alla sua presenza. E' animato però da una grande fiducia e da una profonda umiltà. Egli afferma senza ombra di dubbio che basta che Gesù pronunci una sua parola e il suo servo sarà guarito. Gesù non pronuncia parole o formule di guarigione, tesse soltanto un grande elogio della fede del centurione: «neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». Il miracolo però è già avvenuto. Lo costatano gli inviati al loro ritorno. Per pregare bene dobbiamo quindi essere animati dall'amore verso Dio e verso il prossimo, dobbiamo riconoscere umilmente la nostra estrema povertà, dobbiamo soprattutto nutrire una fede profonda nella potenza di Dio e nella sua volontà di liberarci da ogni male. Facciamo quel che possiamo fare. Il resto farà la grazia di Dio.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un anziano ha detto: «Quanto uno si sarà reso folle per il Signore, altrettanto il Signore lo renderà saggio».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALI DEVONO ESSERE I DECANI DEL MONASTERO

Se la comunità è piuttosto numerosa, si scelgano tra i fratelli alcuni di buona reputazione e di santa vita e si costituiscano decani. Essi abbiano cura delle loro decanìe in tutto, secondo i comandamenti di Dio e le direttive dell'abate. Siano scelti a decani quei monaci con cui l'abate possa in tutta fiducia condividere i suoi pesi; e non si scelgano in ordine di anzianità, ma secondo la santità della vita e il grado di dottrina spirituale. Se però tra questi decani qualcuno, montato eventualmente in superbia, venisse trovato degno di biasimo, lo si ammonisca una prima, una seconda e anche una terza volta; se non si corregge, sia rimosso dall'ufficio e al suo posto subentri un altro che ne sia degno. 7La stessa cosa stabiliamo per il priore.


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