preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
I piedi nudi e l’animo semplice: due elementi che richiamano l’essenzialità del rapporto con Dio. Mosè è incuriosito dal roveto (seneh, in ebraico, evidentemente simile a Sinai) ardente, ma la manifestazione della divinità e dunque la “visibilità” lo portano a coprirsi il volto. Il passo successivo richiesto, perché possa stare nel luogo della teofania, è il togliersi i sandali. Il “luogo santo” dice, ritorno allo stato naturale, ad una condizione primigenia che l’uomo ha perso e che ritrova solo nel contatto con la divinità. Gesù dice che il penetrare nel mistero di Dio, l’incontro del “roveto ardente”, avviene in un animo semplice. Siamo portati a confondere il semplice con la semplicioneria, cioè con una sorta di stupidità che fa accettare tutto supinamente, che niente mette in discussione e che, conseguentemente, non può possedere il senso dello stupore che viene dalla ricerca di qualcosa di importante. E invece dimentichiamo come la categoria del semplice sia quella che più si avvicina a Dio, perché non è intaccata dalle sovrastrutture, le quali creano in noi degli schermi per cui è impedita la visione della realtà, quale essa è. Quanto più ci si avvicina a Dio tanto più le prospettive cambiano, la conoscenza delle persone e delle situazioni è meno mediata, e si inizia a penetrare (come in una nebbia) il grande mistero dell’uomo e dell’universo. È un cammino che porta verso la pacificazione del proprio essere, data dalla conoscenza di sé che è, in fin dei conti, conoscenza dell’Altro che abita in sé. Concludo con queste espressioni di Gregorio di Nissa che, mi pare, ben sintetizzano quanto sopra detto: “Se dunque laverai le brutture che hanno coperto il tuo cuore, risplenderà in te la divina bellezza. Come il ferro liberato dalla ruggine splende al sole, così anche l’uomo interiore, quando avrà rimosso da sé la ruggine del male, ricupererà la somiglianza con la forma originale e primitiva e sarà buono. Quindi, chi vede se stesso, contempla ciò che desidera in se stesso”.
Gli anziani dicevano: "L'anima è una fonte. Se la scavi, si purifica; se vi getti della terra, scompare.
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Nel suo insegnamento poi l'abate deve sempre aver presente quella norma dell'apostolo che dice: «Ammonisci, esorta, rimprovera» (2 Tm 4,2); vale a dire, tenendo conto dei diversi momenti, alternando rigore e dolcezza, mostri ora l'atteggiamento severo del maestro ora quello affettuoso del padre; e cioè, gli indisciplinati e gli irrequieti deve ammonirli duramente; gli obbedienti invece e i miti e i pazienti deve esortarli a progredire sempre di più; ma i negligenti e gli abituali trasgressori vogliamo che li rimproveri e li punisca.
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