preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Nel brano del Vangelo di oggi sentiamo un imperativo. Il Signore lo usa ma nel pieno rispetto della nostra libertà. L'imperativo indica la gravità di ciò che Egli ci comunica, la necessità nostra di rimanere nell'abbraccio caloroso del suo amore per vivere nella gioia piena che desideriamo. Fuori dal suo amore, non c'è gioia, non c'è speranza, non c'è nulla, sì, c'è il buio della notte. Osservare i suoi comandamenti non è una mortificazione alla nostra fantasia, anzi, è lo sviluppo più fantasioso della nostra interiorità che spesso ci sorprende come ci sorprendono tutte le opere del Signore. Lui ci dona l'amore con cui è stato amato dal Padre e grazie a questo dono le nostre capacità si amplificano e si rinnovano. Gesù si rivolge ad un gruppo ristretto di interlocutori, forse un po' distratti o irrigiditi quali i discepoli di allora e di oggi. E ci insegna che proprio attraverso queste carenze la sua forza si manifesta, il suo messaggio è trasportato oltre i confini della nostra immaginazione perché sua sia la gloria. Dobbiamo essere annunciatori con la parola e con la vita di ciò che abbiamo visto, ovvero l'Amore incarnato, il nostro Signore. E per annunciare questa Verità, dobbiamo con il cuore seguire il comandamento più grande, amare il Signore e il nostro prossimo, perché l'Amore riconosca l'amore, Dio riconosca la sua creatura.
Un giorno l'Abba Macario, passando di ritorno dalla palude nella sua cella, recava con sé dei rami di palma, ed ecco per la strada gli venne incontro il diavolo con una falce per la mietitura. Lo avrebbe voluto colpire con quella falce, ma non ci riuscì e gli disse: O Macario, da te subisco grande violenza, perché non posso avere la meglio su di te. Infatti qualsiasi cosa tu faccia, la faccio anch'io: digiuni e anch'io non mangio affatto, vegli e anch'io non dormo affatto. C'è una sola cosa in cui mi sei superiore; l'Abate Macario chiese: Quale? Il diavolo rispose: La tua umiltà, a causa della quale non riesco ad avere la meglio su di te.
VESTI E CALZATURE DEI FRATELLI Quando si ricevono indumenti nuovi si restituiscano sempre quelli usati, da conservare nel guardaroba per i poveri. Devono bastare infatti al monaco due cocolle e due tuniche, sia per avere il cambio la notte sia per poterle lavare; il di più è superfluo e deve essere tolto. Anche le calze e ogni altra cosa usata le restituiscano quando ne ricevono di nuove. Quelli che si mettono in viaggio prendano i femorali dal guardaroba e al ritorno li restituiscano lavati. E le cocolle e le tuniche per il viaggio siano un po' più buone di quelle che ordinariamente usano; le prendano dal guardaroba quando partono e ve le ripongano quando tornano.
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