preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Il digiuno è un atto penitenziale che la Chiesa pratica sin dalle sue origini ed comune a molte altre espressioni religiose. Ha lo scopo di distoglierci dai beni temporali, predisporre l'animo ai valori dello spirito e renderci vigilanti nell'attesa della salvezza. Ha anche un valore di espiazione e ascetico. Oggi noi viviamo il digiuno come partecipazione alle sofferenze di Cristo. Alcuni santi lo hanno praticato in modo eroico. Al tempo di Gesù lo praticavano anche i discepoli del Battista e i seguaci dei farisei. Da qui la domanda provocatoria rivolta a Gesù: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». La risposta di Gesù, come sempre, è ricca di significati e di insegnamenti. Egli vuole proclamare la novità che sta sbocciando per tutti con la sua presenza nel mondo e con l'opera redentrice che sta già attuando. Il regno di Dio è in mezzo a noi. Nascono tempi nuovi alimentati non più da paure e timori, ma dall'amore dello «sposo» verso l'umanità riconciliata. È ormai in atto il tempo nuovo, il tempo delle nozze, il tempo della gioia e della festa, circostanze che non si conciliano più con il digiuno e con il lutto. «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?». Soltanto se privati di questa gioia, inizierà il tempo del lutto e del digiuno. La novità del Cristo è totale e sconvolgente, non è assolutamente da paragonare ad un rattoppo sul vecchio e sul passato. Il vino è un vino nuovo, è quel vino, prima sorbito da Cristo come calice amaro e poi offerto a noi come bevanda di salvezza. «Verranno tempi...» - dice però il Signore. È una velata allusione alla sua morte, alla passione sua e del mondo, al «già e non ancora», che crea la perenne ansia di una pienezza che ci sfugge.
Gli anziani dicevano: "L'anima è una fonte. Se la scavi, si purifica; se vi getti della terra, scompare.
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Nel suo insegnamento poi l'abate deve sempre aver presente quella norma dell'apostolo che dice: «Ammonisci, esorta, rimprovera» (2 Tm 4,2); vale a dire, tenendo conto dei diversi momenti, alternando rigore e dolcezza, mostri ora l'atteggiamento severo del maestro ora quello affettuoso del padre; e cioè, gli indisciplinati e gli irrequieti deve ammonirli duramente; gli obbedienti invece e i miti e i pazienti deve esortarli a progredire sempre di più; ma i negligenti e gli abituali trasgressori vogliamo che li rimproveri e li punisca.
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