preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Una pagina nota ed enigmatica quella di Genesi che la liturgia ci propone oggi e, dicono i commentatori, antichissima, addirittura di origine preisraelitica. Ma lasciamo da parte le disquisizioni degli esperti e prendiamo in considerazione la lotta di Giacobbe con l'uomo misterioso: che cosa avrà significato per il popolo di Israele questa narrazione? Forse la risposta potrebbe essere, anche se dovete prenderla con beneficio di inventario, nel fatto che Israele vi ha ravvisato la continua lotta con Dio. La storia delle ripetute infedeltà e dei tormentati ritorni del popolo della prima alleanza sembra che si trovi tutta riassunta in questo stupendo quadro dalle tinte così fosche e sublimi (anche se al tempo stesso attrae e incute terrore). E per noi, poi, costituisce un paradigma di vita: laddove il nostro non "procedere" ha valore di un lottare contro il Bene. Nel salmo chiediamo a Dio di poter essere contemplatori del suo Volto, e, ambedue le letture proposte si inseriscono nella dinamica della luce. Sì, perché se nella prima lettura il giorno costituisce, anche in maniera metaforica, la fine della lotta, nel Vangelo si trova la fonte stessa della luce, Cristo Signore, che illumina conforta ed è compartecipe del dolore dell'uomo. Ogni cristiano, rischiarato dalla grazia, deve sentirsi impegnato in prima persona a lavorare perché il Regno di Dio sia luce per tutti gli uomini.
E abba ha detto: Saper parlare è un dono di molti. Saper tacere una saggezza di pochi. Saper ascoltare una generosità di pochissimi.
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Ma interroghiamo con il salmista il Signore chiedendogli: «Signore, chi abiterà nella tua tenda, chi dimorerà sul tuo santo monte?» (Sal 14,1). Dopo tale domanda, fratelli, ascoltiamo il Signore che ci risponde mentre ci indica la strada per arrivare alla stessa tenda, dicendo: «Colui che cammina senza colpa e agisce con giustizia; che pronunzia la verità nel suo cuore, che non dice calunnia con la lingua; che non fa danno al suo prossimo, che non lancia insulto al suo vicino (Sal 14,2-3); colui che, respingendo dagli occhi del proprio cuore, insieme con le sue suggestioni il maligno diavolo che lo tentava, lo riduce al nulla (Sal 14,4 Volg.) e i suggerimenti di lui, appena nati, li afferra e li spezza contro Cristo; coloro che, pieni del timore del Signore (Sal 14,4 Volg.), non si insuperbiscono per la loro buona osservanza, ma, convinti che le loro buone azioni non provengono da se stessi quanto piuttosto da Dio, glorificano il Signore che opera in loro, dicendogli col profeta: «Non a noi, Signore, non a noi ma al tuo nome da' gloria» (Sal 113B,1). Così pure l'apostolo Paolo non si attribuiva alcun merito della sua predicazione, affermando: «Per grazia di Dio sono quello che sono» (1 Cor 15,10); e ancora: «Chi si vanta, si vanti nel Signore» (2 Cor 10,17). Per questo anche il Signore proclama nell'Evangelo: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia: strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa non cadde perché era fondata sopra la roccia» (Mt 7,24-25).
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