Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Domenica 29 marzo 2015

Il trionfo che dura per l’eternità.

Le palme in segno di vittoria, i mantelli stesi a terra, i festosi osanna dei bambini e del popolo, la trionfale processione che acclama Cristo Gesù, re dei re e Signore dei signori! Viene spontaneo a tutti noi aggregarci a quella folla festosa, associarci a quei canti, partecipare a quel trionfo. Finalmente, verrebbe da dire! Dopo tante contestazioni, dopo tante insidie tramate contro Gesù, è arrivato il momento di proclamarlo osannando, vero re e Messia, figlio di Dio, come Colui che viene nel nome del Signore. Purtroppo è di brevissima durata questa festa. La liturgia e la verità della storia ci obbligano a leggere gli eventi in modo completo e sapienziale: il percorso verso il trionfo deve passare attraverso la dura esperienza della passione, della croce e della morte: questo è l’arcano disegno dell’Altissimo, questa è l’”opera” già adombrata nella figura profetica del servo sofferente, preannunciata da secoli e compiuta in Cristo redentore. San Paolo ci ricorda questo misterioso percorso: “Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. La regalità di Cristo si esprime in questo annientamento, in questa totale spogliazione, nel farsi servo e schiavo in una profondissima e completa umiliazione e tutto questo per cancellare e redimere la nostra umana presunzione che ci ha indotto e ci induce al peccato. Sì, per questa via, per la via della croce, si realizza la vera suprema e perenne regalità di Cristo: “Per questo, conferma San Paolo, Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre”. Ormai tutta la storia, quella dell’umanità, quella della Chiesa e quella di ognuno di noi è segnata definitivamente dalla passione di amore che il Figlio di Dio ha patito ed offerto per noi. Con una violenza che ci aiuta a capire con quanto amore il buon Dio ci ha soccorso, quale danno ha prodotto in noi il peccato, quale meravigliosa possibilità di recupero ci viene offerto. Più che mai per essere partecipi di quella divina e umana regalità, dobbiamo fissare lo sguardo dell’anima a Colui che abbiamo trafitto e con grande e doverosa umiltà piegarci dinanzi al crocifisso e proclamare che Gesù è il nostro, il mio Re e Signore. Così proclamiamo anche la gloria di Dio Padre e la sua infinita misericordia. Così immersi nella morte e nella croce, attratti dal Crocifisso, possiamo essere veramente partecipi della sua gloriosa risurrezione, della sua regalità e del suo sacerdozio. Possiamo vivere una santa Pasqua.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Alcuni fratelli andarono a visitare un santo anziano che abitava in un luogo deserto. Trovarono presso la sua cella dei bambini che custodivano le greggi e parlavano tra loro in modo fastidioso. I fratelli videro l'anziano, gli palesarono i propri pensieri e trassero beneficio dalle sue risposte. Poi gli dissero: «Padre, perché accetti d'avere intorno questi bambini e non gli ordini di cessare tanto baccano?». L'anziano rispose: «Fratelli, credetemi, vi sono giorni in cui vorrei dare questo ordine, ma mi fermo, dicendo: «Se non sopporto questa bazzecola, come potrei sopportare una più grande prova, se Dio permette che mi si presenti?». Così non dico niente, per abituarmi a sopportare tutto ciò che accade».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

COME DEVONO PUNIRSI I FANCIULLI DI MINORE ETÀ

Ogni età e ogni grado di intelligenza devono ricevere un trattamento adeguato. Perciò i fanciulli, gli adolescenti o coloro che non sanno rendersi conto della gravità della scomunica, tutti questi, ogni qualvolta commettono delle mancanze, siano puniti con rigorosi digiuni o repressi con aspre battiture, perché si correggano.


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