Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Mercoledì 29 ottobre 2014

La porta stretta per entrare nel Regno.

La vita di ogni uomo, il percorso di ritorno a Dio di tutta l'umanità è paragonabile ad un duro ed incerto incèdere nel deserto, dove tutto è àrido e la segnaletica è quasi inesistente. Tutto ci è già stato descritto nella narrazione biblica dell'Esodo. Oggi Gesù, interpellato sul numero di coloro che si salvano, ci parla della porta stretta. Vuole ricordarci che bisogna farsi piccoli ed umili per entrarci, bisogna faticare duro ed essere perseveranti e puntuali all'appuntamento per evitare il gravissimo rischio di arrivare in ritardo e trovare la porta chiusa. Accadde anche alle vergini stolte rimaste senza olio. Nessuno allora potrà accampare scuse dinanzi al giusto giudizio di Dio; a nulla varrà il vanto di pretese intimità con Dio non suffragate dalla verità e dall'autenticità dei nostri comportamenti. Ci sentiremo dire con sgomento: "in verità vi dico, non vi conosco". Quando la fede si spegne o licenziamo Dio dalla nostra vita, non solo smarriamo la via del Regno, ma la rendiamo colpevolmente inaccessibile a noi stessi e ci ritroviamo fuori, proprio come accadde ai nostri progenitori dopo l'esperienza del primo peccato. Gesù però ancora una volta ci conforta: egli si definisce la porta delle pecore. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Cibiamoci dell'eucarestia per essere sempre più in Lui, via, verità e vita.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Alcuni anziani si recarono in visita da Abba Poemen e chiesero: "Secondo te, quando in chiesa sorprendiamo i nostri fratelli a sonnecchiare, è opportuno pizzicarli per farli svegliare?". L'anziano rispose: "Se vedessi un fratello sonnecchiare, gli appoggerei la testa sulle mie ginocchia e lo lascerei riposare".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

IL SEGNALE PER L'ORA DELL'UFFICIO DIVINO

La cura di dare il segnale per l'Ufficio divino di giorno e di notte l'abate la prenda lui personalmente, oppure la affidi a un fratello molto sollecito, in modo che tutto si compia alle ore stabilite. In quanto ai salmi e alle antifone, le cantino da soli dopo l'abate soltanto i fratelli che ne hanno avuto il compito, seguendo il loro turno. E non ardisca cantare o leggere se non chi è in grado di compiere tale ufficio in modo da edificare chi ascolta; e ciò sia fatto con umiltà e gravità e riverenza; e soltanto da chi ne abbia avuto l'incarico dall'abate.


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