preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
A parte i preparativi, di cui erano stati incaricati i discepoli, per preparare la cena pasquale per Gesù e i suoi, tutto il brano è attraversato dal tradimento di Giuda, il quale passa all'azione subito dopo l'unzione di Betania, che lo avevano sentito protestare contro lo spreco di profumo, non perché gli interessassero i poveri, ma perché era ladro. Soltanto l'evangelista Matteo specifica la somma di trenta sicli d'argento, ottenuti da Giuda per la consegna di Gesù: una somma irrisoria, stimata dalla legge come prezzo di uno schiavo e che il profeta Zaccarìa aveva già indicato come prezzo di valore per il pastore messianico. Nonostante l'iniziativa di Giuda anche per Matteo è Gesù che dispone liberamente di se stesso. Nessuna resistenza per sottrarsi a questa passione così ignominiosa. Il mistero di pazienza di Cristo, che diventa non violenza assoluta, non è comprensibile se non alla luce della forza dell'amore. "Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. E mentre mangiavano, disse: uno di voi mi tradirà". Ne viene una costernazione generale. La cena di festa si cambia in un tormento che agghiaccia l'assemblea, inducendo ciascuno di loro, per liberarsi da questo incubo, a fare al Signore una confessione personale. "Sono forse io, Signore?" Il Maestro, colui che era il punto di sicurezza di ognuno, lascia sospesa la risposta, solo alla domanda di Giuda, risponde: "Tu l'hai detto". Non è una condanna, e da amico, Gesù gli fa capire quello che ha nel cuore di fare. La storia è diretta da Dio, secondo il piano delle Scritture; ma l'uomo ha il suo compito nella storia e n'è pienamente responsabile. Anche noi potremmo chiederci a quale prezzo vendiamo il Cristo: interrogarci sulla purezza della nostra fede, sulla fedeltà del nostro amore, sulla lealtà della nostra amicizia e fraternità che possiamo anche barattare.
Fu domandato a un anziano: «Che cosa è l'umiltà?». Egli disse: «Che, se tuo fratello pecca contro di te, tu lo perdoni prima che egli ti testimoni il suo pentimento».
LA MISURA DEL BERE A dire il vero, leggiamo che il vino non è assolutamente fatto per i monaci; ma siccome i monaci dei nostri tempi non riescono a capire questo, almeno si stia attenti a non bere fino alla sazietà ma con moderazione, perché il vino fa traviare anche i saggi (Sir 19,2). Dove poi le condizioni del luogo sono tali da non poter assicurare nemmeno la quantità su indicata, ma molto di meno o addirittura niente, benedicano il Signore i monaci ivi residenti e non mormorino; e questo soprattutto ci teniamo a raccomandare: che si guardino da qualsiasi mormorazione.
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