preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
È ormai quasi istintivo in noi, dopo la triste esperienza del peccato, che ha annebbiato i sensi della nostra anima, pensare e credere che ciò che infinitamente grande in tutte le sue perfezioni, debba essere per noi altrettanto complicato e inaccessibile. Ne facciamo esperienza quando con la fioca lanterna della nostra intelligenza tentiamo di immergersi in quel mare sconfinato che è il nostro Dio. Ci condanniamo così ad un inevitabile naufragio. Con una minuscola conchiglia vorremmo riversare tutta l’acqua dell’oceano nella piccola pozza che abbiamo scavato nella sabbia della spiaggia. Gesù ci indica una strada completamente diversa. Ci dice che le ascese più sublimi verso l’infinito, le possiamo fare quando abbiamo conservato o acquisito di nuovo la semplicità e la purezza del cuore. Sono le doti che si riscontrano nei bambini e sono annesse alla loro candida innocenza. È per questo che Gesù ci dice: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso». Ribadirà più volte il Signore questa verità e ce ne darà la piena conferma quando si lascerà sconfiggere dalla cattiveria degli uomini fino a subire una assurda condanna, una atroce passione e la morte ignominiosa della croce. Dirà ad Erode che lo interroga prima di condannarlo: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Gli umili e i piccoli sanno accogliere le verità di Dio. Il cielo è velato per gli arroganti e i presuntuosi.
L'Abba Hor disse al suo discepolo: Bada di non portare mai in questa cella le parole di un altro.
NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI Allora se, dopo matura riflessione, promette di osservare tutto e di obbedire a ogni comando che riceverà, sia accolto nella comunità, ben sapendo che anche l'autorità della Regola stabilisce che da quel momento non gli è più lecito uscire dal monastero, né scuotere il collo dal giogo della Regola che in sì lungo periodo di riflessione era libero di rifiutare o di accettare.
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