preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Il tema del Vangelo di oggi, la risurrezione dai morti, è introdotta dai sadducèi con l'insidiosa richiesta di un parere a Gesù. Questi appartenevano alle classi più elevate. A differenza dei farisei e degli scribi, non credevano alla risurrezione dei corpi alla fine della storia. Ed è appunto su questa negazione che basano la loro difesa. A Gesù espongono un episodio, vero o inventato, di una donna che successivamente ha sposato sette fratelli. “Questa donna, nella risurrezione, di chi sarà moglie?” Nella sua risposta ai sadducei, Gesù nega prima di tutto la necessità del matrimonio nell'altra vita. Non è più necessario, perché i “risuscitati” vivono. Non si tratta, infatti di portare con sé, nella risurrezione, la propria moglie o altro. Secondo Gesù la prospettiva che si apre oltre la morte è qualcosa di totalmente nuovo, che si può raffigurare solo “agli angeli, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio”. Poi afferma la realtà della risurrezione che essi negavano. Per questo si richiama al brano biblico del roveto ardente, nel quale il Signore si rivela a Mosè, come il “Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”. Se è così: “Non è Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono” alla sua presenza. Anche se Gesù afferma decisamente la risurrezione dei morti, non ci rivela il modo e le condizioni della sopravvivenza; il loro mistero rimane integro. Tuttavia, una cosa è sicura: sarà certamente vita, anche se diversa da quella presente, poiché non si tratta di un prolungamento di questa attraverso la rianimazione di un cadavere. Come dice la liturgia in un prefazio dei defunti: “Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata”. Alla luce della risurrezione del Signore il credente sa che la morte non è la fine del cammino, ma la porta che viene aperta per la liberazione definitiva con Cristo risorto. Grazie a lui, l'uomo è un essere per la vita.
L'Abba Hor disse al suo discepolo: Bada di non portare mai in questa cella le parole di un altro.
NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI Allora se, dopo matura riflessione, promette di osservare tutto e di obbedire a ogni comando che riceverà, sia accolto nella comunità, ben sapendo che anche l'autorità della Regola stabilisce che da quel momento non gli è più lecito uscire dal monastero, né scuotere il collo dal giogo della Regola che in sì lungo periodo di riflessione era libero di rifiutare o di accettare.
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