preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
"Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del Regno e curando ogni malattia e infermità". Così si afferma nel mondo il Regno di Dio; è la vittoria di Cristo sul male, in ogni sua manifestazione, e la liberazione dalle seduzioni e invasioni del demonio. Tutto mira a ridare libertà all'uomo da ciò che l'affligge nell'anima e nel corpo. Il mutismo ha le sue evidenti conseguenze fisiche in chi ne è afflitto, ma incide anche nel cuore dell'uomo che resta privo di un mezzo indispensabile per comunicare con i propri simili e con lo stesso Dio. Far parlare i muti è opera di Cristo redentore, che così vuole ricreare la comunione con il Padre celeste e ristabilire la fraternità tra gli uomini. Per questo egli non solo rende l'uomo muto capace di dialogare, ma lo ricongiunge a se e a Dio con il vincolo della preghiera. I soliti farisei non comprendono e non vogliono comprendere l'"opera" di Cristo e cercano di insinuare nella folla l'idea che egli scacci i demoni "Per opera del principe dei demoni". È però la stessa folla a smentirli, che mostra invece stupore ed esclama: "non si è mai visto nulla di simile in Israele". Molto spesso Gesù allarga la sua visione da una persona al mondo intero; dopo aver liberato il muto indemoniato, guarda le folle con amore e compassione, le scorge "stanche e sfinite, come pecore senza pastore". Si vaga a lungo e fino alla spossatezza quando manca una guida sicura ai pascoli migliori e agli obiettivi primari della vita, quando si cade in preda al disorientamento, quando si è affamati e assetati e non si trova il cibo buono e bevande salutari. Ecco allora una condizione indispensabile affinché il regno di Dio si estenda ovunque: "Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe". Comprendiamo così l'urgenza della preghiera perché i chiamati alla vigna, gli operai per il regno di Dio, rispondano con sollecitudine e generosità, comprendiamo l'importanza dell'impegno che viene loro affidato e nel contempo la consolante certezza che "il padrone della messe" è Lui, il Signore. Il campo, la vigna, il regno, la chiesa richiedono il nostro indispensabile contributo personale di energie da spendere senza riserva, ma alla fine sappiamo che prima di essere un nostro compito, è opera di Dio stesso, che feconda e fa germogliare i semi.
Un monastero si era ridotto in tutto all'abate e a quattro monaci, già anziani. L'abate, disperato, pensò di chiedere consiglio a un saggio rabbino suo amico. «Vi posso solo dire - rispose costui - che il Messia è tra voi». I monaci, udito questo, cominciarono a trattarsi l'un l'altro con straordinario rispetto e venerazione, poiché c'era la possibilità che sotto l'apparenza di uno di essi si nascondesse il Messia. La fama di quello straordinario amore fraterno si diffuse e alcuni visitatori cominciarono ad arrivare al monastero, curiosi di vedere quel luogo privilegiato. Poi ne arrivarono altri. Dopo qualche tempo, uno di loro chiese di entrare nell'Ordine. A questo seguirono altri, sempre più numerosi. In pochi anni, il monastero diventò un meraviglioso centro di amore fraterno e un focolare di nuove vocazioni...
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Dobbiamo dunque costituire una scuola del servizio del Signore; e nell'organizzarla noi speriamo di non stabilire nulla di penoso né di pesante. Se tuttavia, per giuste ragioni, si dovrà introdurre anche qualcosa un pochino più dura per correggere i vizi e conservare la carità, tu non lasciarti subito prendere dallo spavento, così da abbandonare la via della salvezza, la quale all'inizio non può essere che stretta. Ma col progredire nella vita monastica e nella fede, il cuore si dilata e si corre nella via dei comandamenti di Dio (cf. Sal 118,32) con una dolcezza d'amore inesprimibile. Cosicché, non allontanandoci mai dal suo magistero e perseverando nel suo insegnamento in monastero fino alla morte, possiamo partecipare mediante la pazienza alle sofferenze di Cristo, per meritare di condividere anche il suo regno.
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