Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Venerdì 06 gennaio 2012

La luce brilla nelle tenebre.

In mille direzioni noi del Terzo millennio proiettiamo i nostri sogni di successo e di grandezza; non mancano gli eroi dei cartelloni, dello sport, del cinema, della canzone..., i grandi di un anno o di un secolo, ma alla fine ci convinciamo che in nessuno di loro possiamo riporre le nostre speranze perché la loro grandezza, più meno tale, non ci appartiene ed ognuno di noi deve essere il costruttore e l'artefice della propria vita. Anche Gesù può essere strumentalizzato per accarezzare in noi il bisogno istintivo di riuscita su coloro con i quali ci scontriamo. Ma Gesù è tutt'altro: Egli è la luce del mondo, la sua luce è di origine divina e si proietta sulle nostre povere, vicende umane, per illuminare di grandezza autentica ciò che quasi sempre viene respinto dal mondo; Egli ci proietta verso i valori eterni, dando un significato in un ottica soprannaturale a tutte le povertà umane, scoprendone ed esaltandone i valori alla luce della fede. Ecco che cosa significa per molti di noi la luce che splende nelle tenebre; le tenebre sono le nostre povertà e perfino il nostro male interiore, il peccato. La luce di Cristo interviene a dare senso e valore a ciò che non rientra negli elenchi dei valori del mondo e come ci occorre quella luce! L'epifania allora non è solo la festa del Cristo che si rivela ai Magi, ma è soprattutto la gioia dei piccoli e dei poveri del mondo che vengono accolti e rivalutati dal Cristo, povero, umile, perseguitato, condannato... L'adorazione dei magi diventi l'espressione viva e sincera della nostra gratitudine perenne al Signore. Abbiamo bisogno del dono dello Spirito Santo perché in noi sempre brilli la Luce e non abbiamo a cadere nelle tenebre.


Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa

Il Signore ha manifestato in tutto il mondo la sua salvezza

La Provvidenza misericordiosa, avendo deciso di soccorrere negli ultimi tempi il mondo che andava in rovina, stabilì che la salvezza di tutti i popoli si compisse nel Cristo. Un tempo era stata promessa ad Abramo una innumerevole discendenza che sarebbe stata generata non secondo la carne, ma nella fecondità della fede: essa era stata paragonata alla moltitudine delle stelle perché il padre di tutte le genti si attendesse non una stirpe terrena, ma celeste. Entri, entri dunque nella famiglia dei patriarchi la grande massa delle genti, e i figli della promessa ricevano la benedizione come stirpe di Abramo, mentre a questa rinunziano i figli del suo sangue. Tutti i popoli, rappresentati dai tre magi, adorino il Creatore dell'universo, e Dio sia conosciuto non nella Giudea soltanto, ma in tutta la terra, perché ovunque in Israele sia grande il suo nome (cfr. Sal 75, 2). Figli carissimi, ammaestrati da questi misteri della grazia divina, celebriamo nella gioia dello spirito il giorno della nostra nascita e l'inizio della chiamata alla fede di tutte le genti. Ringraziamo Dio misericordioso che, come afferma l'Apostolo, «ci ha messo in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. E' lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto» (Col 1, 12-13). L'aveva annunziato Isaia: Il popolo dei Gentili, che sedeva nelle tenebre, vide una grande luce e su quanti abitavano nella terra tenebrosa una luce rifulse (cfr. Is 9, 1). Di essi ancora Isaia dice al Signore: Popoli che non ti conoscono ti invocheremo, e popoli che ti ignorano accorreranno a te (cfr. Is 55, 5). Abramo vide questo giorno e gioì (cfr. Gv 8, 56). Gioì quando conobbe che i figli della sua fede sarebbero stati benedetti nella sua discendenza, cioè nel Cristo, e quando intravide che per la sua fede sarebbe diventato padre di tutti i popoli. Diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto il Signore aveva promesso lo avrebbe attuato (Rm 4, 20-21). Questo giorno cantava nei salmi David dicendo: «Tutti i popoli che hai creato verranno e si prostreranno davanti a te, o Signore, per dare gloria al tuo nome» (Sal 85, 9); e ancora: «Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia» (Sal 97, 2). Tutto questo, lo sappiamo, si è realizzato quando i tre magi, chiamati dai loro lontani paesi, furono condotti da una stella a conoscere e adorare il Re del cielo e della terra. Questa stella ci esorta particolarmente a imitare il servizio che essa prestò, nel senso che dobbiamo seguire, con tutte le nostre forze, la grazia che invita tutti al Cristo. In questo impegno, miei cari, dovete tutti aiutarvi l'un l'altro. Risplendete così come figli della luce nel regno di Dio, dove conducono la retta fede e le buone opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo che con Dio Padre e con lo Spirito Santo vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen. (Disc. 3 per l'Epifania, 1-3. 5; Pl 54, 240-244).

Apoftegmi - Detti dei Padri

E abba ha detto: Saper parlare è un dono di molti. Saper tacere una saggezza di pochi. Saper ascoltare una generosità di pochissimi.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO

Ma interroghiamo con il salmista il Signore chiedendogli: «Signore, chi abiterà nella tua tenda, chi dimorerà sul tuo santo monte?» (Sal 14,1). Dopo tale domanda, fratelli, ascoltiamo il Signore che ci risponde mentre ci indica la strada per arrivare alla stessa tenda, dicendo: «Colui che cammina senza colpa e agisce con giustizia; che pronunzia la verità nel suo cuore, che non dice calunnia con la lingua; che non fa danno al suo prossimo, che non lancia insulto al suo vicino (Sal 14,2-3); colui che, respingendo dagli occhi del proprio cuore, insieme con le sue suggestioni il maligno diavolo che lo tentava, lo riduce al nulla (Sal 14,4 Volg.) e i suggerimenti di lui, appena nati, li afferra e li spezza contro Cristo; coloro che, pieni del timore del Signore (Sal 14,4 Volg.), non si insuperbiscono per la loro buona osservanza, ma, convinti che le loro buone azioni non provengono da se stessi quanto piuttosto da Dio, glorificano il Signore che opera in loro, dicendogli col profeta: «Non a noi, Signore, non a noi ma al tuo nome da' gloria» (Sal 113B,1). Così pure l'apostolo Paolo non si attribuiva alcun merito della sua predicazione, affermando: «Per grazia di Dio sono quello che sono» (1 Cor 15,10); e ancora: «Chi si vanta, si vanti nel Signore» (2 Cor 10,17). Per questo anche il Signore proclama nell'Evangelo: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia: strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa non cadde perché era fondata sopra la roccia» (Mt 7,24-25).


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