Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Venerdì 27 maggio 2011

Amici per sempre...

Bellissimo l'appellativo usato da Gesù nel Vangelo d'oggi. Il Signore ci chiama amici. Noi, servi ingrati e goffi, siamo invitati dall'Amore a varcare le soglie della sua casa. In questo luogo aperto a tutti, il Signore invita a prendere fiato, a riempire i polmoni di quel soffio di vita che permette di mettere a servizio le nostre membra, concepite per essere amate e amare. Come membra autentiche e fedeli di Cristo, possiamo riconoscere in verità ciò che Egli è e ciò che noi siamo per partecipazione al suo Mistero. «Voi siete miei amici, se farete ciò che vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone...». Noi, ormai, conosciamo tutto ciò che serve per camminare sulla strada dell'Amore. In quella casa osserviamo attentamente i «modi» del Signore che affascinano e stupiscono i nostri cuori. Amici del Signore, figli di Dio per lo spirito di vita che abbiamo ricevuto dal Padre, possiamo anche noi donare la nostra vita. Non c'è forma di amore più alta, perché è il dono più prezioso che abbiamo. Ma il Signore ci ripete in un altro passo della Scrittura che chi perde la propria vita per lui, la salverà... Non abbiamo mai nulla da perdere con il Signore se non le nostre sicurezze, la nostra schiavitù. Siamo chiamati a libertà, alla libertà di chi sa amare senza misura perché il nostro cuore non è stato creato per un numero finito di battiti; il nostro cuore anela ad altro, è terra riarsa che protende le mani a Dio, che desidera conoscere la strada da percorrere per innalzare a lui l'anima, compiere il Suo volere ed essere guidata su terra piana... Per il tuo nome, Signore, fammi vivere!


Apoftegmi - Detti dei Padri

Il Padre Daniele disse: "Quanto più fiorisce il corpo, tanto più si estenua l'anima, e quanto più si estenua il corpo tanto più fiorisce l'anima".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI

Se possiede delle sostanze, o le distribuisca prima ai poveri, oppure le ceda al monastero con un atto pubblico di donazione, senza riservare per sé nulla di tutti i suoi beni, poiché sa che da quel giorno egli non potrà disporre nemmeno del proprio corpo. Subito dopo sia svestito dei propri abiti e rivestito con quelli del monastero. Tuttavia gli indumenti di cui è stato spogliato siano conservati nel guardaroba, perché se un domani, cedendo alle istigazioni del diavolo, egli dovesse - non sia mai! - uscire dal monastero, allora venga svestito degli abiti del monastero e mandato via. Però la sua carta di professione, che l'abate prese dall'altare, non gli si restituisca ma si conservi nel monastero.


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