preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Prima i rami d'ulivo, i mantelli stesi a terra a mo' di tappeti, l'Osanna al Figlio di Davide e poi la condanna, il «crucifìge». Vengono denunciate così palesemente, le tremende contraddizioni dei comportamenti umani: un effimero trionfo tributato a Cristo riconosciuto Re e Signore e poi, forse le stesse voci che l'osannano, gridano perché sia crocifisso e fatto tacere per sempre. Comprendiamo così il significato recondito delle nostre peggiori passioni e gli effetti devastanti di una miopia spirituale, che oscura il bene e ci immerge in pensieri e trame di morte. Fa sempre piacere poter acclamare qualcuno da cui attendiamo soluzioni facili ed immediate ai nostri più pressanti problemi. Gesù che aveva rifiutato di essere acclamato Re, dopo la moltiplicazione dei pani, che dirà a Pietro, che tenta di difenderlo con la spada, il mio Regno non è di questo mondo, oggi acconsente di entrare trionfalmente a Gerusalemme, la città santa, per far comprendere che, prima di essere vittima degli uomini, egli, come vero Re, va incontro alla passione e alla morte. La sua passione e morte è sì una terribile trama ordita dai suoi nemici e causata dai nostri peccati, ma innanzitutto è un disegno divino, una manifestazione palese dell'amore misericordioso del Padre, una docile ed umile accettazione da parte di Cristo Gesù. Ecco perché accetta di essere acclamato re: è un altro modo per preannunciare la sua gloriosa risurrezione, il suo trionfo sulla morte. Il nostro Osanna quindi lo rivolgiamo a colui che già contempliamo nella fede come nostro vero ed unico Re e Signore, come redentore nostro e come colui che da trionfatore ci precede nella gloria. Le nostre acclamazioni non cesseranno perciò in questa domenica, ma diventeranno il nostro perenne rendimento di grazie, la nostra lode senza fine, che esploderanno in un gioioso Alleluia pasquale.
Un fratello era assalito da molto tempo dal demone dell'impurità e malgrado molti sforzi non riusciva a sbarazzarsene. Una volta, mentre era alla Sinassi, si sentì come d'abitudine tormentato dalla passione; decise dunque di trionfare sulla macchinazione del demonio e di chiedere ai fratelli di pregare per lui affinché fosse liberato. E, sprezzando ogni vergogna, si mise nudo davanti a tutti i fratelli e mostrò l'azione di Satana: «Pregate per me, padri e fratelli miei», disse, «perché sono quattordici anni che sono così combattuto»; e subito il combattimento si allontanò da lui, grazie all'umiltà che aveva mostrato.
IN QUALI ORE I FRATELLI DEVONO PRENDERE I PASTI Dalla santa Pasqua fino a Pentecoste i fratelli pranzino a sesta e cenino la sera. Da Pentecoste poi per tutta l'estate, se i monaci non devono attendere ai lavori dei campi e se l'eccessivo calore estivo non lo impedisce, il mercoledì e il venerdì digiunino fino a nona; negli altri giorni pranzino a sesta. Ma se avessero lavori nei campi o la calura estiva fosse opprimente, si mantenga il pranzo a sesta anche in quei due giorni; e ciò sia rimesso al provvido giudizio dell'abate; egli appunto deve regolare e disporre le cose in modo che le anime si salvino e quello che i fratelli fanno, lo facciano senza alcun fondato motivo di mormorazione.
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