preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Gesù è venuto a dare compimento, non ad abolire, è venuto come dice S. Paolo nella "pienezza dei tempi" . La sua persona, la sua presenza, la sua dottrina nuova è pienezza e compimento. Il percorso del popolo d'Israele, tutto quanto ci viene narrato nel Vecchio Testamento, mira ad un approdo finale, ad una meta, ad una Pasqua temporale ed eterna, che in Gesù si compie, nella vita di ognuno di noi si attua in continuità. Durante il nostro pellegrinaggio siamo però posti, in virtù del dono della libertà e in vista di un premio eterno, dinanzi a scelte che demarcano i confini tra il bene e il male: "Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male", ammonisce il Siracide. Il salmista per questo poi proclama: "Beato chi cammina nella legge del Signore". San Paolo precisa che il cristiano "beato" e fedele alla sua vocazione, non è un sapiente di questo mondo, un furbo, ma è colui che si adorna "della sapienza di Dio", dono dello Spirito Santo, meritato, promesso e donato a noi dallo stesso Gesù. È proprio in virtù di quello Spirito che Egli può proclamare e proporre un comandamento nuovo, la legge dell'amore. Può dire all'uomo redento e illuminato, "ma Io vi dico", per indicare comportamenti non più ispirati alla semplice giustizia legale o soltanto all'umana equità! Ora è possibile adempiere il bene non più nel sacro timore della legge, ma con la forza vitale dello Spirito, che ci consente di tendere alla perfezione dell'amore: «Nell'amore, dice l'Apostolo Giovanni, non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore». Ma Gesù ci dice in tono imperativo: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". Una perfezione che si ottiene, si misura e si confronta sempre con la gratuità e immensità dei doni di Dio. In questo senso dobbiamo intendere il forte ammonimento: « Se dunque tu presenti l'offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te... va' prima a riconciliarti con lui ». Non è possibile attingere alla fonte dell'amore se noi lo neghiamo al nostro prossimo. S. Giovanni afferma: "Se uno dicesse: "Io amo Dio", e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede". Dalla quella stessa fonte divina derivano tutte le nostre scelte e tutti i nostri comportamenti. È lo Spirito che ci rende limpidi, sinceri, leali, che fa del nostro parlare: "Sì, sì", "No, no" e crea una invalicabile barriera ad ogni raggiro, falsità e inganno.
«Gli anziani dicevano: "Ad ogni pensiero che ti assale chiedi: "Sei dei nostri o vieni dall'Avversario?". Te lo dirà certamente!"».
L'UMILTÀ Quanto poi alla volontà propria, dalla Scrittura ci viene proibito di compierla quando dice: «Non seguire le tue voglie» (Sir 18,30); e similmente nel Padre Nostro preghiamo Dio che si faccia in noi la sua volontà. A ragione dunque ci viene insegnato di non compiere la nostra volontà, se evitiamo l'inganno di cui parla la Scrittura santa quando dice: «Ci sono delle vie che all'uomo sembrano diritte, ma che invece sboccano nel profondo dell'inferno» (Pr 16,25); e similmente ci guardiamo da ciò che si dice dei negligenti: «Sono corrotti e sono diventati abominevoli nelle loro voglie» (Sal 13,1 Volg.). Quanto infine ai desideri della carne, crediamo ugualmente che Dio ci è sempre presente, secondo ciò che dice il profeta: «Signore, davanti a te è ogni mio desiderio» (Sal 37,10). Guardiamoci dunque dai cattivi desideri, perché la morte è posta sulla soglia del piacere; perciò la Scrittura raccomanda: «Non andar dietro alle tue concupiscenze» (Sir 28,30).
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