preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Mi sembra che la liturgia della Parola di quest'oggi metta in luce due cose, forse tra di loro contrastanti: Il rossore di Israele dinanzi agli altri popoli e il desiderio di luce nei due ciechi del vangelo. Si legge in Isaia: "D'ora in poi Giacobbe non dovrà più arrossire". Eppure il popolo ebreo è nella verità, adora il vero Dio ed è da lui seguito e protetto. Ma quando egli si allontana dai suoi comandamenti, allora diventa schiavo dei suoi nemici. Nella loro disgrazia hanno il rossore e la vergogna non tanto perché il loro Dio è stato vinto dalle divinità dei popoli nemici, come era credenza d'allora, quanto perché i propri costumi non hanno rispettato il patto d'alleanza con il loro Dio. Quando il popolo si converte, l'intervento del Dio di Abramo cambierà le sue sorti e sarà temuto anche dai nemici. In fatto di vergogna o rispetto umano noi cattolici, credenti nel vero Dio, forse vantiamo il primato. Siamo nella verità, adoriamo il vero Dio, siamo stati redenti dal sangue del Signore: abbiamo tutti i motivi per ritenerci fortunati, senza alcun nostro merito, eppure rimaniamo timidi e vergognosi, come Pietro che rinnega il Maestro dinanzi ad una serva del sommo sacerdote, mentre, chi è nell'errore propaga, sfrontatamente le proprie menzogne. Ci manca davvero il coraggio dei martiri, che è dono dello Spirito, ma anche frutto di una profonda convinzione. Dovremmo implorare più luce per la nostra vita spirituale. Qualche volta siamo accecati dal nostro orgoglio, dalla paura di essere oggetto di scherno, dal momento che siamo discepoli di un Crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani. Gridiamo anche noi a Gesù come i due ciechi perché abbia pietà di noi e con fede ripetiamogli che egli può guarirci dalle nostre incoerenze, dalle nostre infedeltà. Egli ci dirà: sia fatto secondo la vostra richiesta: allora acquisteremo quella sapienza che viene dall'alto che ci farà guardare le realtà nella loro essenza; otterremo la fortezza dei martiri e dei confessori della fede, avremo l'ardente desiderio di annunciare ovunque Cristo, Salvatore del mondo. Ripeteremo sui tetti quanto lo Spirito del Signore ci avrà fatto conoscere nel segreto del cuore. L'esempio di San Francesco Saverio, di cui oggi celebriamo la memoria liturgica, ci incoraggi e ci sia di sprone nel coltivare lo spirito missionario che è proprio di ogni credente.
Un fratello domando all'anziano: "Come entra nell'anima il timore di Dio?". Disse l'anziano: "se l'uomo è umile, povero, e se non giudica gli altri, il timore di Dio entra in lui".
I MONACI PELLEGRINI Inoltre se l'abate lo giudica degno, potrà assegnargli un posto più elevato. E questo non valga solo per un monaco, ma anche per uno che provenga dai sopraddetti gradi dei sacerdoti e dei chierici: cioè, se l'abate vede che la loro condotta lo merita, potrà elevarli a un posto superiore a quello dovuto per l'ingresso in monastero. L'abate però si guardi bene dall'ammettere nella propria comunità un monaco di altro monastero conosciuto, senza il consenso o le lettere commendatizie del suo abate, perché sta scritto: «Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te» (cf. Tb 4,16; Mt 7,12).
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