Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Mercoledì 10 novembre 2010

I dieci lebbrosi.

I lebbrosi, ai tempi del Signore, erano gli emarginati per eccellenza, e lo sono rimasti quasi fino ai nostri giorni. Soltanto alcuni pietosamente lanciavano a distanza qualche tozzo di pane o qualcosa da mangiare. La loro malattia, assolutamente incurabile, era ritenuta motivo di contagio, di contaminazione e di impurità. Era davvero misera la loro sorte anche perché oltre l'umiliazione del male, erano additàti come responsabili di gravi peccati che avrebbero procurato loro quel terribile castigo divino. Erano trattati come scomunicati. Ne fa fede il famoso libro di Giobbe. Comprendiamo così perché i dieci lebbrosi che vanno incontro a Gesù si fermano a distanza e sono costretti a gridare la loro invocazione. «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». È il loro grido a Gesù, la loro intensa ed essenziale preghiera. Quel «Maestro», diverso dagli altri, sicuramente li guarderà con pietà e compassione. Potrà purificarli nel corpo e nell'anima. Non avviene il miracolo all'istante come spesso faceva Gesù: ricevono un ordine: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». Significava per loro andate a prendere la certificazione della avvenuta guarigione. Era compito dei sacerdoti che di conseguenza sancivano la loro riammissione nella comunità e nella vita normale. Durante il tragitto si sentono guariti, ma nove di loro proseguono il tragitto, smaniosi di ricevere l'auspicata dichiarazione di completa guarigione. Uno solo torna indietro a ringraziare Gesù. È una proporzione umiliante anche per noi: su dieci guariti dal Signore uno solo torna e rendere grazia al grande benefattore. La conseguenza di ciò è della massima importanza: colui che torna a ringraziare viene non solo guarito come gli altri nove, ma salvato. «Álzati e và; la tua fede ti ha salvato!». La differenza è sostanziale: la guarigione riguarda il corpo e il tempo, la salvezza riguarda l'anima e l'eternità. Guariti e ingrati: è il rischio di tanti di noi che ricolmi di doni divini dimentichiamo la doverosa gratitudine. I santi del cielo cantano in eterno la bontà infinita di Dio, lo, lodano e lo benedicono per la sua misericordia. Dovremmo spendere molta della nostra preghiera per dire grazie al Signore per le meraviglie che egli compie per noi. Il fatto che sia uno straniero a rendere grazie a Gesù ci induce a pensare che talvolta proprio i prediletti siano i meno attenti ad esprimere la dovuta gratitudine. Che non sia l'assuefazione a tradirci!


Apoftegmi - Detti dei Padri

Abba disse: Malvagità non caccia affatto malvagità; se uno ti ha fatto del male, tu fagli del bene, per distruggere la sua malvagità con le tue opere buone.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

COME DEVONO ESSERE ACCOLTI GLI OSPITI

Tutti gli ospiti che sopraggiungono siano accolti come Cristo, poiché egli dirà: «Ero forestiero e mi avete ospitato» (Mt 25,35). E a tutti si renda l'onore dovuto, soprattutto ai fratelli nella fede (Gal 6,10) e ai pellegrini. Non appena quindi viene annunziato un ospite, subito gli vadano incontro il superiore e i fratelli con tutte le premure suggerite dalla carità; prima si preghi insieme e poi ci si scambi il segno della pace. Questo bacio di pace appunto non sia mai dato prima di aver pregato insieme, per evitare le illusioni diaboliche. Nel modo stesso di salutare si dimostri la più grande umiltà verso tutti gli ospiti che arrivano o che partono: col capo chino o con tutto il corpo prostrato a terra si adori in essi Cristo, perché è lui che viene accolto.


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