preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Non si è trovato chi tornasse a rendere gloria a Dio all'infuori di questo straniero. Gesù è diretto a Gerusalemme ed attraversa la Samaria. Entrato nel territorio giudaico da lui si presentano dieci lebbrosi. Essi si tengono a distanza, come prescriveva la legge di allora, data la virulenza del contagio di una malattia ancora oggi così terribile. Nonostante queste limitazioni, i dieci lebbrosi riescono ad attirare Gesù, con la loro invocazione di aiuto. Gesù li sana tutti e dieci, invitandoli a presentarsi ai sacerdoti. Questo invito di Gesù, all'immediata prossimità della sua Passione, ha due significati ben precisi. Da un lato è il riconoscimento del sacerdozio allora in vigore e dall'altro è il donare ai dieci lebbrosi una nuova vita civile-religiosa. I dieci uomini guariti sono soddisfatti di quanto operato da Gesù stesso ma quasi tutti non sentono neanche la necessità di ritornare per ringraziare lo stesso Gesù. Uno solo di loro, un samaritano - appartenente ad un territorio considerato pagano - torna a lodare Dio in Gesù. Nel ringraziare il Signore, questo samaritano mostra una vera fede; una fede sincera. Gli altri nove, anche se di religione giudaica invece non mostrano la stessa fede. L'atto di fede del samaritano è lodato dallo stesso Gesù; il samaritano torna, proprio per questo suo atto di fede, non solo sanato nel corpo - come gli altri nove ma anche salvato nell'anima. L'episodio della liturgia di oggi è fonte di alcune riflessioni importanti per la nostra vita. Vi è un primo invito a liberare il nostro cuore da qualsiasi pregiudizio. Gli atti più belli e più puri possono venire da persone che noi giudichiamo inferiori. Già questo porterebbe un motivo sufficiente per alimentare la nostra preghiera personale. Possiamo, però chiederci - nelle nostre preghiere - cosa domandiamo a Gesù? Siamo interessati alla nostra conversione con la salvezza o pensiamo soltanto al nostro corpo? La sollecitudine di Gesù ad esaudire i dieci lebbrosi dimostra quanto sia importante la guarigione fisica, soprattutto se con questa si ridona una dignità civile. Quanto più importante, però è la salvezza dell'anima, quella che ci fa rinascere ad una vera vita nuova? Anche questo interrogativo ci interpella nel profondo del cuore nell'invito a riconoscere le vere priorità della nostra vita. Ancora però possiamo chiederci quante volte "torniamo" a ringraziare Gesù per i suoi doni? Quante volte riconosciamo il suo intervento nella nostra vita? O Piuttosto crediamo che tutto ci debba essere come dovuto di diritto?
Pazienza L'abba Pastor diceva: «Quali che siano le tue pene, la vittoria su di esse sta nel silenzio».
Un giorno che i fratelli si erano riuniti a Scete, alcuni anziani vollero mettere alla prova l'abba Mosè: si fecero sprezzanti e gli dissero: «Perché questa specie di etiope viene tra noi?». L'abate tacque udendo queste parole. Di ritorno dall'assemblea, quelli che lo avevano ingiuriosamente trattato gli dissero: «Non sei turbato?». Egli rispose: «Sono turbato, ma non dico niente».
I VECCHI E I FANCIULLI Sebbene la natura umana sia per se stessa portata a compassione verso queste due età, cioè dei vecchi e dei fanciulli, tuttavia è bene che intervenga in loro favore anche l'autorità della Regola. Si tenga sempre conto della loro debolezza e non si applichi affatto ad essi il rigore della Regola riguardo al vitto; si abbia piuttosto verso di loro un'amorevole condiscendenza e anticipino pure le ore regolari dei pasti.
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