Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Venerdì 03 settembre 2010

Il digiuno e lo sposo.

Il Signore Gesù con la sua venuta tra noi e con l'annuncio del suo vangelo instaura il suo Regno tra noi. È un annuncio di novità e di gioia perché si sta attuando un piano di liberazione e di salvezza, disegnato da Dio stesso. Egli viene a sciogliere i lacci del peccato, viene a liberare gli oppressi, viene a ridare la libertà ai prigionieri, viene a stabilire con tutti noi un nuovo patto di alleanza, basato non più sulla costrizione e sulla paura, ma solo sull'amore. Per questo Gesù si paragona ad uno sposo, innamorato dell'umanità, con cui vuole celebrare le sue nozze. È tempo di gaudio e di gioia perciò e non di digiuno e di penitenza. Tutti sono invitati alle nozze di Cristo. «Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni in cui lo sposo sarà portato via da loro; allora, in quei giorni, digiuneranno». Intravediamo in queste parole sia la natura della missione di Cristo, sia ancora un preannuncio della sua e nostra risurrezione. La stessa sua presenza è però già motivo di gaudio: egli è per tutti la garanzia vivente del ritorno a Dio, egli stesso è il Dio con noi, in lui si stanno adempiendo tutte le promesse. Già il profeta Isaia aveva predetto questa novità e questi momenti: «Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Solo coloro che hanno sperimentato le più dure schiavitù e le più estenuanti prigionie sonno descrivere la gioia della riconquistata libertà. È davvero la riscoperta di un mondo nuovo, di tante realtà che sembravano scomparse per sempre, di affetti che sembravano perduti e poi riconquistati con una più forte intensità. L'azione salifica di Cristo è una liberazione totale, è per noi una vera rinascita con una dignità nuova, quella di figli di Dio. Ancora oggi, quando scopriamo e sappiamo vivere i motivi profondi della gioia cristiana, scompaiono per noi i motivi del lutto e del digiuno e ci è dato di rallegrarci nel Signore. Non è poi difficile scoprire le cause del nostro lutto e delle nostre più profonde tristezze: ci manca lo sposo e non siamo tra gli invitati alle nozze; abbiamo anche noi accampato qualche scusa per non aderire all'invito.


Nell'Ordine di San Benedetto:
Festa di San Gregorio Magno. Letture proprie.

Il buon pastore.

I Santi sono i migliori imitatori di Cristo. La loro santità, frutto della grazia divina e della umana fedeltà, ci offre una lettura attualizzata del vangelo. L'immagine evangelica del buon pastore, che lascia al sicuro le novantanove pecore, per mettersi alla ricerca di quella smarrita, è la migliore sintesi della vita del grande Gregorio, prima monaco, poi vescovo e papa. Egli compie un passaggio dalla testimonianza silenziosa del monastero ai grandi impegni nella Chiesa. Mai però smette la sua veste di pastore e di fedele testimone di Cristo, anche quando gli impegni missionari lo condurranno lontano dal suo primitivo ideale monastico. La fedeltà diventa il suo costante programma di vita. La sapienza attinta dall'assidua lettura della Parola di Dio e dalla preghiera lo fanno splendere come luce nella Chiesa. Ha insegnato al popolo cristiano a "pregare nella bellezza" e ha affidato ai monaci il canto delle lodi di Dio, nel modo che conserva ancora il suo nome: il canto gregoriano. Ecco come concretamente il pastore conduce ai pascoli erbosi il suo gregge. Ecco come i santi solcano la storia e la impregnano di sacro, rifulgono così come astri nel firmamento del cielo e sèguitano a svolgere il loro compito e la loro missione nella Chiesa come modelli di vita e intercessori nostri presso Dio. Si garantiscono così non solo il premio in cielo, ma anche la dovuta lode e l'immortalità tra il popolo dei credenti. Noi ancora pellegrini sulla terra ne subiamo salutarmene il fascino, la voglia di imitarli e di raggiungerli nella stessa mèta. A noi monaci ci ha lasciato nei suoi Dialoghi le opere mirabili del nostro Padre San Benedetto, alla Chiesa ha lasciato scritti pieni di sapienza che ancora edìficano i lettori di oggi.

Apoftegmi - Detti dei Padri

La lotta della preghiera.

«I fratelli chiesero al padre Agatone: "Padre, nella vita spirituale quale virtù richiede maggior fatica?". Dice loro: "Perdonatemi, ma penso che non vi sia fatica così grande come pregare Dio. Infatti, quando l'uomo vuole pregare, i nemici cercano di impedirlo, ben sapendo che da nulla sono così ostacolati come dalla preghiera. Qualsiasi opera l'uomo intraprenda, se persevera in essa, possederà la quiete. La preghiera invece richiede lotta fino all'ultimo respiro"».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

COME CELEBRARE LE LODI MATTUTINE NEI GIORNI FERIALI

Nei giorni feriali le Lodi mattutine si celebrino in questo modo: si dica il salmo 66 senza antifona, rallentando un po' come la domenica, in modo che tutti si trovino presenti al salmo 50 da dirsi con l'antifona. A questo seguiranno altri due salmi secondo la consuetudine e cioè: al lunedì, i salmi 5 e 35; 5al martedì, il 42 e il 56; 6al mercoledì, il 63 e il 64; 7al giovedì, l'87 e l'89; al venerdì, il 75 e il 91; al sabato, il salmo 142 e il cantico del Deuteronomio diviso in due Gloria. 10Negli altri giorni il cantico dei Profeti si dica ciascuno al giorno suo, secondo l'uso della Chiesa Romana. Seguano quindi le laudes (i salmi 148-149-150), una lettura dell'Apostolo da recitarsi a memoria, il responsorio, l'inno, il versetto, il cantico del Vangelo, la litania; e così si termini.


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