Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 28 giugno 2010

Per seguire Cristo.

Quando si rimane affascinati da qualcuno o un'ideale forte preme dentro di noi, ci accompagna spesso la convinzione che stiamo per intraprendere un percorso pieno di sicurezze e di garanzie. Non accade così con il Signore: egli, cominciando da Abramo, chiama a sé, propone il suo progetto, ma senza dare indirizzi precisi e ancor meno prospettive di successo. Allo scriba, che gli si accosta e, mosso da sicura ammirazione, fa l'offerta di mettersi alla sua sequela: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada», Gesù risponde: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». Egli così sta proclamando non tanto la sua povertà, ma il necessario ed indispensabile distacco dalle cose del mondo. Sta ribadendo al suo interlocutore e a tutti noi, che dobbiamo cercare tesori che non periscono. Dobbiamo guardare le cose di lassù e non quelle della terra. Vuole ancora dirci che in Lui dobbiamo riporre ogni nostra fiducia, è lui il tesoro nascosto che ci è dato di scoprire, è lui la nostra vera ricchezza. Gesù lo scandirà ancora ai suoi quando affiderà loro la missione di andare ad annunciare il suo regno: «Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». La caratteristica del cristiano è il distacco dai beni del mondo per mettere al primo posto il Signore. I suoi ministri hanno il dovere di andare «sgombri» di ogni peso e liberi da ogni umana preoccupazione. È difficile oggi convincersi che il distacco dai beni materiali e l'abbandono fiducioso alla provvidenza divina possa essere motivo di interiore libertà e garanzia di vera ricchezza. Gesù mette sullo stesso piano, per chi vuole seguirlo nel suo regno, il distacco dalle umane sicurezze e quello dagli affetti umani: «Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti». San Benedetto dice ai suoi monaci che nulla debbono anteporre all'amore di Cristo, questo però vale anche per ogni cristiano.


Vigilia dei santi Apostoli Pietro e Paolo.
(formulario proprio)
Act.3,1-10; Ps.18,2-3.4-; Gal.1,11-20; Io.21,15-19.

La prova dell'amore.
«Chi vuol essere il primo tra voi sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti». – Così ammoniva i suoi il Signore, mentre li preparava alla missione di annunciatori e testimoni del suo Regno. Per confermarli in questa dottrina e convincerli per sempre, si era prostrato dinanzi a loro proprio come uno schiavo e si era messo a lavare loro i piedi. Nella sua passione e morte darà poi loro e al mondo intero la suprema testimonianza dell'amore con il dono della vita. Pietro ha peccato di presunzione, aveva confidato in se stesso e nelle sue forze e poi per tre volte aveva rinnegato il suo Maestro. Oggi Gesù gli offre l'occasione di riparare completamente al suo peccato sollecitandolo a dichiarare in atteggiamento di grande umiltà il suo amore e la sua fedeltà. È un modo diverso e più completo di affermare il primato che Gesù già gli aveva conferito, dichiarandolo «pietra» su cui la Chiesa dovrà porre le sue salde fondamenta. Il primato essenziale da esprimere da primo degli apostoli è l'amore a Cristo, il presupposto indispensabile per pascere il gregge. È davvero speciale l'autorità che sgorga dall'amore e non dal potere! Lo stesso Paolo dichiarerà di aver ricevuto tutto da Cristo e di farsi tutto a tutti per suo amore. Su questa scia la chiesa ha offerto al mondo la migliore testimonianza. Ha invece vissuto i momenti peggiori quando ha smesso di amare e si è dotata di poteri umani e temporali. Sarebbe utile che ogni testimone, ancor più ogni apostolo, si sottoponesse allo stesso esame di Pietro: «Mi ami tu più di costoro?».

Apoftegmi - Detti dei Padri

Il Padre Titeos disse: "Dominare la propria lingua: ecco la vera virtù".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

I FRATELLI SI OBBEDISCANO A VICENDA

Se poi un fratello, per qualsiasi anche minima ragione e in qualunque modo viene ripreso dall'abate o da un altro superiore, o se si accorge che l'animo del superiore è leggermente, per quanto poco, irritato o turbato contro di lui, subito, senza indugio, si getti ai suoi piedi e rimanga lì a dare soddisfazione, finché quegli con la sua benedizione non mostri che la sua alterazione è passata. Chi rifiuta per disprezzo di compiere tale gesto, sia sottoposto al castigo corporale; se poi rimane ostinato nel suo atteggiamento, sia cacciato dal monastero.


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