preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Da quando abbiamo addentato temerariamente quella famosa mela, convinti di poter così saziare completamente le nostre brame e addirittura diventare come Dio, ci è rimasta dentro una fame e una sete insaziabili. Quell'innato anelito di bene, che Dio stesso aveva infuso nella nostra natura, facendoci somiglianti a lui, si è trasformato in ricerca spasmodica di umane sicurezze, cercate sulla terra nella ricchezza, nella gloria, nel piacere. Il denaro, in modo particolare, ci da l'illusione dell'onnipotenza, ci convince di poter appagare ogni nostro desiderio, di poter comprare anche la felicità. San Paolo nel suo famoso inno alla carità ci ammonisce: "se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova". Ecco che ci viene prospettata una dimensione ben diversa della felicità. Gesù stesso nel proclamare la carta magna del cristianesimo, sconvolge letteralmente le nostre umane e false valutazioni della gioia. Egli proclama beati i poveri, gli afflitti, i puri di cuore, i perseguitati per causa della giustizia e tutti coloro che nella vita ripetono sostanzialmente la sua storia. Il giovane apparentemente giusto, equilibrato, generoso, chiede a Cristo cosa deve fare per avere la vita eterna. L'osservanza dei comandamenti è la base su cui costruire la nostra rampa di lancio e il giovane dice che sin dalla sua infanzia li ha osservati. Il Signore gli chiede qualcosa di più, indispensabile per conseguire l'ideale della perfezione cristiana: si tratta proprio del distacco dalle cose del mondo: «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». È una regola d'oro quella che Gesù scandisce con queste parole: per conseguire i beni di Dio, occorre distaccarsi dai beni della terra. Questi rassomigliano a dei pesi che vengono attaccati alle nostre ali, alle ali del nostro spirito e non ci permettono di librarci verso l'alto. Restiamo anche noi disillusi alle parole conclusive di questo episodio evangelico: "A queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni". Ancora una volta i beni predominano sul vero bene. Ancora una valutazione sbagliata, ma, ahimè, ancora tanto frequente. «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Dobbiamo prestare attenzione perché ricco non è solo chi possiede molti beni, ma anche chi lega il suo cuore a povere cose che trasforma in idoli. Gesù così ci esorta: "Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore".
Uno degli anziani disse: Proprio come l'ape, dovunque vada, fa il miele, così il monaco, dovunque vada, se va a fare la volontà di Dio produce sempre la dolcezza delle opere buone.
NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI Se egli promette di perseverare nella sua stabilità, dopo due mesi gli si legga di seguito questa Regola e gli si dica: «Ecco la legge sotto la quale tu vuoi militare: se puoi osservarla, entra; se non puoi, va' pure via liberamente». Se rimane fermo nella sua decisione, lo si riconduca nel suddetto locale del noviziato e di nuovo sia messa alla prova in tutto la sua pazienza. Passati sei mesi, gli si rilegga la Regola, affinché sappia che cosa abbraccia. E se ancora persevera, dopo altri quattro mesi gli si rilegga di nuovo la Regola.
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