preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Nei momenti di difficoltà, quando il peso supera le nostre forze, viene spontaneo rivolgersi al vicino, all'amico, al fratello per chiedergli: dammi una mano! Il Signore Gesù appare ai suoi per confermare la testimonianza dei due discepoli, illuminati sulla via di Èmmaus, mostrando loro le mani con, ancora evidenti, i segni dei chiodi. Sono le mani di Cristo, le mani del Dio vivente, le mani del Crocifisso, che ora, glorioso, vengono mostrate agli Apostoli, perché comprendano il prezzo della pace e godano della gioia del risorto. Da fori di quelle mani sgorga energia divina, sgorga l'augurio della pace e la certezza che Cristo è risorto. Vuole così fugare ogni dubbio, rimuovere il naturale turbamento che assale gli apostoli dinanzi a quella celestiale ed umanissima visione. Nell'ultima cena Gesù aveva detto ai suoi commensali «Prendete e mangiate... Prendete e bevetene tutti» ora esorta i suoi apostoli dicendo: «Toccatemi e guardate...». Poi ad ulteriore conferma, per fugare ancora le ultime loro perplessità, per garantire loro che non hanno a che fare con un fantasma, ma con una persona viva, risorta dalla morte, affinché la gioia di cui stanno godendo, non risulti effimera, chiede loro: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Infine la certezza che illumina e genera la fede piena, Gesù la trae ancora dalle scritture sacre, dalla parola rivelata: «Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno». La piena apertura della mente scaturisce solo dalla fede, la virtù che ci rende certi che in Cristo si adempiono tutte le promesse di Dio, che in lui scopriamo l'indefettibile fedeltà del nostro Padre celeste, che il piano divino di salvezza universale si è avverato nel Risorto. Rigenerati dalla fede e poi confermati dallo Spirito Santo, gli Apostoli e i loro successori potranno adempiere il mandato, che lo stesso Cristo già sta scandendo per loro e per tutti i credenti: «Nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme» e aggiunge, «Di questo voi siete testimoni».
Se fai il tuo lavoro manuale nella cella e viene l'ora della preghiera, non dire: «Finirò i miei ramoscelli e il piccolo cesto e dopo mi alzerò», ma alzati subito e rendi a Dio il debito della preghiera; diversamente prenderai a poco a poco l'abitudine di trascurare la tua preghiera e il tuo Uffizio e la tua anima diventerà deserta di ogni opera spirituale e corporale. Poiché è dall'alba che si mostra la tua volontà.
I FRATELLI INFERMI La cura degli infermi è da mettere prima di tutto e al di sopra di tutto, in modo che ad essi si serva davvero come a Cristo in persona, perché egli ha detto: «Ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36); e ancora: «Quel che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Gli infermi, da parte loro, devono essere consapevoli che sono serviti in onore di Dio e non affliggere con eccessive pretese i fratelli che li assistono; tuttavia essi devono essere in ogni caso sopportati con pazienza, perché attraverso di loro si acquista una maggiore ricompensa. L'abate pertanto abbia la massima premura che i malati non siano trascurati in nessun modo.
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