preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Così Gesù chiama a se i suoi e detta loro un nuovo programma di vita. Egli stesso, proponendosi come loro modello, afferma il primato della Parola e della testimonianza. Istruisce continuamente le folle che accorrono a Lui. Deve scostarsi dalla riva del lago per evitare la calca e farsi sentire e vedere da tutti. Gesù è il pescatore di uomini; Egli li attrae, li illumina, li converte, li risana nel corpo e nello spirito. È questa la sua missione, questa sarà anche la missione degli apostoli. Dovranno però agire nel suo nome, essere umili portatori del suo Vangelo di Cristo. Hanno perciò bisogno di maturare una illimitata fiducia in Colui che li ha chiamati e li invierà al mondo. Ecco allora il comando del Signore: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Non è né il momento né l'ora per andare a pescare e Pietro, Giacomo e Giovanni, tutti espertissimi del mestiere, ricordano a Gesù che hanno trascorso già l'intera notte nel lago senza aver preso nulla, ma aggiungono, per bocca di Simon Pietro: «Sulla tua parola getterò le reti». La pesca che ne segue è miracolosa. Riempiono di grossi pesci le loro barche e il cuore di meraviglia e di stupore. Gli Apostoli hanno ricevuto una bella lezione da non dimenticare mai. Quando si agisce nel nome del Signore, è Lui stesso a dare efficacia alle nostre azioni. Gesù lo spiegherà meglio dicendoci più chiaramente: «Senza di me non potete fare nulla». Gli apostoli e i fedeli di ogni tempo lo hanno sperimentato. La storia della Chiesa lo testimonia. I Santi fino ai nostri giorni, in modo eroico hanno affermato con tutta la loro vita il primato di Cristo e la forza della sua parola di verità. Nello stesso nome avvengono ancora le pesche miracolose. Nel suo nome ogni giorno iniziamo le nostre azioni quotidiane affinché siano per noi fonte di merito, nello stesso nome la chiesa inizia tutte le sue liturgie. In questa domenica ci viene offerta l'occasione propizia per dare il vero senso ai nostri segni di croce quando ripetiamo appunto: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Significa dare la giusta intenzione al nostro agire e garantirsi la protezione della Trinità beata.
Un fratello ha detto ad un anziano: «Io non vedo lotte nel mio cuore». L'anziano gli rispose: «Tu sei un edificio aperto da tutti i lati. Chiunque entra da te e ne esce a proprio piacimento. E tu, tu non sai ciò che accade. Se tu avessi una porta, se tu la chiudessi ed impedissi ai cattivi pensieri di entrare, allora li vedresti fermi all'esterno e combattere contro di te».
L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI E difatti parlare e insegnare è compito del maestro, tacere e ascoltare è dovere del discepolo. Quindi, se si deve chiedere qualcosa al superiore, lo si faccia con tutta umiltà e sommo rispetto, in modo da non parlare più di quanto sia conveniente. Quanto poi alle volgarità, alle parole inutili o alle buffonerie, le escludiamo nel modo più assoluto da tutto l'ambito del monastero e non permettiamo che il discepolo apra la bocca a tali discorsi.
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