Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Mercoledì 11 novembre 2009

Guariti ma ingrati!

La lebbra, il male in genere, crea delle distanze talvolta incolmabili. Molti malati nel corpo e nello spirito, ancora oggi debbono gridare forte per farsi ascoltare, perché emarginati dal consorzio civile e qualche volta anche dalle nostre chiese. Il grido dei dieci lebbrosi del Vangelo di oggi risuona come un'intensa preghiera: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi». In quel grido è accomunato il gemito dei sofferenti del mondo, la sofferenza degli emarginati, di tutti coloro che per farsi sentire da qualcuno debbono gridare. Per loro e nostra fortuna l'udito e la sensibilità di Cristo e infinitamente più acuta della nostra. Gesù li vede anche se distanti, e dà subito loro un messaggio di speranza: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». Erano loro che dovevano, secondo la legge, dare le certificazione dell'avvenuta guarigione. Mentre vanno si accorgono di essere già guariti, uno solo, uno straniero, solo lui però sente immediatamente il bisogno di tornare indietro per lodare Dio e gettarsi, in atteggiamento di doverosa gratitudine, ai piedi di Gesù. Emergono due grandi insegnamenti per noi: non possiamo, come spesso accade, rifiutare la mediazione sacerdotale per avere la certezza del perdono di Dio, sono loro che debbono assolvere e sciogliere. La gratitudine a Dio poi è un sacrosanto dovere che mai dobbiamo smettere perché tutti siamo stati «guariti» e «salvati» da Cristo redentore.


Nell'Ordine Benedettino - San Martino - Festa.

Le letture proprie:
Is. 61, 1-3; Ps 111; Mt 25,31-40

Il santo di oggi
Il vangelo di oggi, oltre che ricordarci che saremo giudicati sull'amore a Dio e al nostro prossimo, ci parla del Santo che celebriamo, ne riassume in modo essenziale la vita. La liturgia della parola lo annovera tra coloro che hanno saputo riconoscere Cristo nei poveri e nei sofferenti. Sicuramente egli è tra coloro ai quali il Signore ha rivolto l'invito finale: «Venite, benedetti dal Padre mio». S. Martino con la sua carità operosa ha ricevuto in eredità il Regno preparato per lui fin dalla fondazione del mondo, è stato annoverato nella schiera dei beati..
Lo stesso Cristo gli ha poi scandito le motivazioni del premio finale: «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».
Esulterà di gioia indicibile Martino, nel ricordare che con il suo mantello ha avuto l'onore,non solo di coprire i riscaldare un povero infreddolito, incontrato nelle strade del mondo, ma di aver ricoperto di amore e dato calore al corpo stesso di Cristo, che si nascondeva sotto le spoglie di quel povero. È la sorte che toccherà anche a noi se sapremo con la stessa fede, con la stessa generosità riconoscere Cristo negli ultimi e nei poveri e soccorrerli dando loro qualcosa di nostro. Viene da pensare quanto grande è la generosità di Dio verso di noi: noi diamo a Lui le povere cose del mondo, un po' di cibo o di bevanda, un mantello, una visita,.un soccorso e Lui ci ripaga con un premio eterno. Dovremmo, anche per convenienza, aprire il nostro cuore all'amore fraterno nella ferma convinzione che aprendoci al nostro prossimo facciamo spazio a Dio. Egli ci ripete: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». Non ci mancano certo le occasioni di incontrare e soccorrere i poveri: occorre solo aprire occhi e cuore, poi anche le nostre mani si muoveranno.

Apoftegmi - Detti dei Padri

l'Abba Pastor raccontò che l'Abba Ammone aveva detto: C'è un uomo che per tutta la vita porta con sé una scure, ma non riesce ad abbattere un albero; ce n'è un altro che è abituato a tagliare alberi e con pochi colpi abbatte l'albero.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

COME DEVONO ESSERE ACCOLTI GLI OSPITI

Una volta ricevuti dunque, gli ospiti siano condotti alla preghiera; dopo, sieda con loro il superiore o un fratello da lui incaricato. Si legga in presenza dell'ospite la Parola di Dio per edificarlo; e poi gli venga usata ogni attenzione. Il superiore per riguardo all'ospite rompa pure il digiuno, a meno che non sia un giorno speciale di digiuno che non si può violare; i fratelli invece proseguano la consueta osservanza del digiuno.


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