preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Oggi il Vangelo ci fa ascoltare una testimonianza di Gesù, il quale si lamenta che molti non l'accettano. "Egli attesta ciò che ha veduto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza". Chi ne accetta la testimonianza si pone in rapporto diretto con il Padre, in quanto ne riconosce la verità nelle parole dell'Inviato e ne vive anche la comunione. "Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa", ossia gli ha comunicato l'autorità e il potere. Ciò è vero, ma l'evangelista vuole sottolineare che il Figlio di cui si parla è Gesù storico, il Messia Salvatore che ha subito la morte di croce per la salvezza dell'umanità. E questo Gesù, vero Dio e vero uomo, che rivela la sua profonda esperienza di intima comunione con il Padre e con lo Spirito Santo, afferma il suo diritto a essere ascoltato e creduto. "Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non crede al Figlio non vedrà la vita". Il Vangelo parla chiaro: per Dio i credenti e i non credenti in Gesù non sono affatto la stessa cosa. Dio pone una profonda differenza tra coloro che accettano e seguono il suo Figlio, che egli ci ha mandato, perché lo accettassimo e lo seguissimo. E' in lui e per mezzo di lui che ci dona la sua stessa vita. "L'ira di Dio rimane su di lui", ossia su coloro che pur avendo conosciuto questo Figlio, continuano a vivere e a comportarsi come se non lo avessero conosciuto mai. L'ira di Dio non è per se stessa una minaccia irrimediabile, è il rifiuto di Gesù come salvatore, rischio in parte che possiamo correre tutti. Che cosa faremo allora di fronte a questo richiamo così perentorio? Non dovremmo puntare certo il dito contro l'uno o contro l'altro dicendo: "L'ira di Dio si scatena sul mondo per colpa tua". Dovremmo credere profondamente a quanto ci viene detto dal Signore. E' lui che dà la vita e la morte. Tu che credi, cerca di rendere credibile la tua fede, perché altri si accostino alla vita.
Abba Pambo chiese ad Abba Antonio: "Cosa dovrei fare?". L'anziano gli rispose: "Non confidare nella tua giustizia e non preoccuparti del passato, ma controlla la tua lingua e il tuo stomaco".
QUELLI CHE GIUNGONO TARDI ALL'UFFICIO DIVINO O ALLA MENSA Alla mensa poi chi non arriverà prima del versetto, in modo che tutti insieme dicano il versetto e preghino e tutti insieme poi si siedano a tavola, chi dunque non giungerà per negligenza o per cattiva abitudine, sia ripreso fino alla seconda volta. Se ancora non si emenderà, non lo si ammetta a partecipare alla mensa comune, ma, separato dalla compagnia dei fratelli, mangi da solo, privato anche della razione di vino, finché non abbia dato soddisfazione e non si sia corretto. Alla stessa pena sia sottoposto chi non sarà presente al versetto che si dice dopo il pasto.
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