preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Il Signore Gesù Cristo è il Figlio Dio fatto uomo, ma per riconoscerlo è necessaria la fede e una disponibilità del cuore. Quando questo manca, o non si trova, Cristo diventa segno di contraddizione, motivo di scandalo e di biasimo, un ostacolo per il proprio cammino. San Giovanni inizia il suo Vangelo dicendo che la luce splende nelle tenebre e lo dimostra in tutta la vita e nella passione di Cristo Gesù. Ci sono le tenebre e spesso proprio esse danno alla luce l'occasione di manifestarsi: è quello che vediamo nel Vangelo odierno. Cristo è odiato, è cercato per essere ucciso. I Giudei e gli scribi non sanno chi è Gesù, pensano di conoscere la sua origine e lo dicono: "Costui sappiamo di dove è...". E' una conoscenza corporale, cioè vana assolutamente incompleta. Per loro Gesù è vissuto ed è cresciuto a Nazaret, non è il Messia, è il figlio del falegname! Il dubbio o la confusione rimarrà sempre con loro, perché quando verrà il Messia nessuno di loro saprà di dove sia e chi egli sia. A questo punto Cristo accoglie l'occasione di manifestarsi: "Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono". I Giudei sanno e non sanno, sanno materialmente chi è Gesù, ma spiritualmente non conoscono la sua origine. Sono ciechi e sordi, sono immersi nelle tenebre, ma la luce splende nelle tenebre e Cristo si manifesta: "Io non sono venuto da me stesso e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete". Questa manifestazione provoca una grande ostilità, cercano di arrestarlo, e di ucciderlo. L'ora della verità però non è giunta, non è arrivata. In realtà la luce si manifesterà in tutta la sua pienezza sulla croce. Tutto si compirà nella persona del Messia, come ci fa apprezzare l'episodio odierno. Ma in questa situazione l'animo del giusto non rimane triste. Dio fa elevare un accorato atto di fede per mezzo del salmista: "Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito, egli salva gli spirito affranti. Molte sono le sventure del giusto, ma lo libera da tutte il Signore". Domandiamo al Signore che ci dia la forza di essere imitatori suoi e non dei malvagi, che ogni situazione sia per noi un'occasione per manifestare la luce; per Gesù anche il male, l'opposizione, l'ostilità sono state occasioni per manifestare la bontà di Dio. E chiediamo di sapere accettare l'atteggiamento degli altri che qualche volta potrebbe essere anche di condanna verso di noi, di critica. Invece di inasprirci verso di loro cerchiamo piuttosto di correggerci. Così saremo sulla buona strada, in compagnia di Gesù.
Un anziano disse: «Se l'uomo fa la volontà del Signore, non finisce mai di udire la voce interiore».
QUELLI CHE PIÙ VOLTE RIPRESI NON VOGLIONO CORREGGERSI Se un fratello, ripreso più volte per una qualsiasi colpa, se anche scomunicato, neppure così si sarà corretto, si usi con lui una punizione più severa, cioè lo si sottoponga al castigo delle battiture. Ma se nemmeno così si vorrà emendare, anzi levatosi in superbia - che non sia mai! - oserà addirittura difendere la sua condotta, allora l'abate agisca come un medico esperto: se ha adoperato i lenitivi, gli unguenti delle esortazioni, i farmaci delle divine Scritture e infine le bruciature della scomunica o delle piaghe delle verghe, e costata ormai che a nulla approdano le sue industrie, faccia ricorso - ciò che vale di più - alla preghiera sua e di tutti i monaci, affinché il Signore, a cui tutto è possibile, operi la guarigione del fratello infermo. Ma se neppure così quegli guarirà, allora l'abate usi senz'altro il ferro dell'amputazione, come dice l'apostolo: «Togliete il malvagio di mezzo a voi» (1 Cor 5,13); e ancora: «Se l'infedele vuole andarsene, se ne vada» (1 Cor 7,15), perché una pecora infetta non contagi tutto il gregge.
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