preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
È un episodio ricco di insegnamenti per noi quello del vangelo di oggi, incentrato su una frase di Cristo, pronunciata a favore di un povero paralitico, messogli dinanzi da alcuni volontari portatori, dopo averlo calato dal tetto della casa dove egli stava istruendo un folto gruppo di persone. Suscitano il nostro interesse e la nostra ammirazione le quattro persone che conducono colui che giace paralitico, immobile per il suo male sul suo lettuccio. Stanno compiendo un'azione davvero nobile e sinceramente cristiana. Conducono un uomo che non ha la forza di muoversi da solo e lo portano da Gesù. Così, con la forza dell'amore e della migliore carità tutti noi possiamo diventare portatori dei nostri fratelli più deboli, incapaci di andare da soli fino a Lui. Non è facile neanche per i generosi collaboratori raggiungerlo perché una calca di gente si frappone tra loro e il divino maestro. Poteva essere questa una valida scusa per farli desistere dal loro proposito. Questi però non si perdono d'animo, si arràmpicano faticosamente sul tetto e lo calano davanti al Signore. "Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo ti sono rimessi i tuoi peccati". Ecco come ci viene concesso molto di più di quanto osiamo sperare quando la nostra fede, corroborata da quella dei nostri fratelli, ci conduce ad incontrare il Signore. Si parte con l'intento di ottenere una guarigione e ci sentiamo dare l'assoluzione dai nostri peccati. È prevedibile, nell'ambiente in cui opera Cristo, che mali pensieri spuntino come serpi dalle menti degli scribi e dei farisei. Chi ignora l'Amore ignora anche il perdono e giunge persino a confonderlo con la bestemmia. In certi casi di peccaminosa ottusità di mente e di cuore, forse non giova neanche la dimostrazione che Gesù offre, come ulteriore segno della sua divina potenza, quando dice al paralitico, già perdonato, di prendere il suo lettuccio fra le proprie mani perché d'ora in poi sarà in grado di muoversi liberamente e speditamente. Non mancano mai per fortuna coloro che guardano invece con occhio limpido e muovono il proprio animo alla meraviglia e alla lode al Signore. La gioia del perdono da quel giorno ha inondato il mondo e i cuori degli uomini. Le feste per il ritorno si sono moltiplicate e non cesseranno mai fin quando sulla terra ci sarà un peccatore pentito e un sacerdote che lo assolve.
Camminare nel fuoco della preghiera. «Il padre Lot si recò dal padre Giuseppe a dirgli: "Padre, io faccio come posso la mia piccola liturgia, il mio piccolo digiuno, la preghiera, la meditazione, vivo nel raccoglimento, cerco di essere puro nei pensieri. Che cosa devo fare ancora?". Il vecchio, alzatosi, aprì le braccia verso il cielo e le sue dita divennero come dieci fiaccole. "Se vuoi - gli disse - diventa tutto di fuoco"».
L'UMILTÀ Il decimo gradino dell'umiltà si sale quando non si è facili e pronti al riso, perché sta scritto: «Lo stolto alza la voce mentre ride» (Sir 21,23). L'undicesimo gradino dell'umiltà si sale se il monaco, quando parla, lo fa pacatamente e senza ridere, con umiltà e gravità, usando poche e sensate parole e senza alzare la voce, come sta scritto: «Il saggio si riconosce per la sobrietà nel parlare».
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