preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Nel momento più tragico della nostra storia, quando l'uomo, dopo la terribile esperienza del peccato, per la prima volta fugge da Dio e ha paura di LUI, risuona nel nostro mondo la grande promessa di una piena restaurazione, di una immancabile vittoria finale: «Io porrò inimicizia fra te e la donna, - dice il Signore al serpente - fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». La "donna" nel cammino della storia assume sempre più nitide le sue sembianze: è una vergine, è piena di grazia, è fecondata dallo Spirito Santo. È una fanciulla di Nazaret. Nascerà da lei "il Santo di Dio". Verrà riconosciuta da Elisabetta come "la madre del mio Signore". Lei stessa canterà le "grandi cose" che il Signore ha operato in lei guardando con compiacenza l'umiltà della sua serva. È quindi sicuramente lei il tabernacolo vivente prescelto da Dio dove il Verbo diventa carne, assume le nostre stesse sembianze umane; per questo Egli con la forza del suo amore la inonda di grazie e l'adorna di divina bellezza. Non può la persona della vergine madre essere intaccata neanche minimamente dal peccato. Ne è preservata per volere divino: Maria non è soltanto vergine e madre, ma è l'Immacolata, l'unica creatura concepita senza peccato. È "l'immacolata concezione" come rivelerà lei stessa a Lourdes. Questo prodigio di amore e di grazia oggi noi festeggiamo. Diamo lode a Dio, onoriamo la madre che già porta in se Cristo Gesù, l'autore della vita. Facciamo nostro l'inno di San Paolo: «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo». Con la prodigiosa nascita dalla vergine Maria noi "siamo stati fatti anche eredi, predestinati secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo". Lo splendore dell'Immacolata ci richiama alla purezza della vita, al bel candore dell'innocenza battesimale, rievoca per noi i frutti della grazia che ci purificano, il perdono che ci riconcilia e infine l'attesa nella beata speranza di essere annoverati tra i cittadini del cielo dove tutto è luce, tutto è puro, tutto è santo.
Il padre Poemen disse a chi voleva vivere santamente: "Non misurare te stesso, aderisci piuttosto a chi sa vivere bene".
L'ORDINE DELLA COMUNITÀ I più giovani pertanto rispettino i più anziani; gli anziani amino i più giovani. Nello stesso modo di chiamarsi nessuno si permetta di rivolgersi all'altro col semplice nome, ma i più anziani chiamino i più giovani con l'appellativo di «fratelli» e i più giovani chiamino gli anziani «nonni», che significa «reverendo padre». L'abate poi, giacché sappiamo per fede che tiene le veci di Cristo, sia chiamato «signore» e «abate», non per sua pretesa ma per onore e amore di Cristo. Ma egli rifletta sulla sua dignità e si dimostri degno di tale onore.
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